Pubblichiamo il testo dedicato a Moise Tchapo scritto da nostro presidente Flavio Fogarolo e letto a Bassar il 2 novembre durante la cerimonia funebre.
In questi momenti di dolore penso sia davvero importante ricordare pubblicamente chi era Moïse e cosa è riuscito a fare nella sua breve vita per aiutare il Togo, il suo paese che amava tanto e, soprattutto, le persone più fragili e bisognose che ha incontrato.
È importante non solo perché è giusto farlo e perché se lo merita, ma anche perché deve servire da esempio a tutti noi per mostrarci come i problemi si affrontano e si superano soprattutto con l’impegno e la determinazione, sapendo unire le forze per un progetto comune e il bene di tutti.
Conosco Moïse da parecchio tempo e ho fatto tante cose con lui. Nonostante gli oltre 6000 Km che ci separano posso dire che è stata una delle persone che ho sentito più vicino in questi anni.
Sono il presidente di una piccola associazione italiana che da oltre trent’anni sostiene l’educazione dei bambini e dei giovani ciechi qui in Togo. L’associazione si chiama Gruppo San Francesco d’Assisi ed è stata fondata nel 1990 da Urbana Carezzoli che non solo era totalmente cieca ma anche paralizzata e per quarant’anni non ha mai lasciato il letto di malattia. Quando Urbana seppe, grazie al comboniano cieco Padre Fabio Gilli, che in Togo, precisamente a Togoville, era stata aperta una scuola per non vedenti ma che non c’era modo di farla funzionare, radunò tutti i suoi amici e conoscenti, organizzando una rete di solidarietà che è stata l’obiettivo principale di tutti i suoi ultimi anni di vita.
Urbana è morta il 22 luglio 2000 ma la pianta che ha seminato si è rivelata forte e resiliente e il suo progetto è proseguito anche senza di lei. O meglio, come ci piace dire, con lei che lo sostiene in un altro modo.
Moïse era totalmente cieco
Ho conosciuto Moïse nel 2008, durante il mio terzo viaggio in Togo, presentatomi da padre Gilli. Era totalmente cieco, semi paralizzato e pieno di dolori e chiedeva un aiuto per andare in Belgio per svolgere degli accertamenti clinici perché era convinto che la sua patologia fosse curabile. L’abbiamo aiutato e con quei fondi, anche se in Belgio per vari motivi non è andato, ha potuto fare una serie di esami medici in Costa d’Avorio che hanno dimostrato che in effetti i sui problemi, a cominciare dalla cecità, derivavano da una infezione al nervo ottico che poteva essere curata e già i primi interventi con specifici antibiotici avevano dato effetti positivi. Ma per risolvere davvero il problema serviva un intervento chirurgico in Europa che Moïse ha cercato con determinazione ottenendo alla fine la possibilità di essere ricoverato e operato in Germania, a Monaco.
L’operazione ha avuto pieno successo e dopo qualche mese Moïse è tornato in Togo totalmente ristabilito, anche nella vista, e in breve tempo ha ripreso anche a guidare l’automobile.
Complessivamente Moïse è rimasto cieco per circa tre anni, durante i quali aveva cominciato a imparare il braille e ad usare il computer con la sintesi vocale, come fanno i non vedenti.
La cecità è stata una esperienza che, come è facilmente intuibile, ha segnato profondamente l’anima di Moïse , rafforzando la sua fede e la sua profonda riconoscenza verso tutti coloro che l’avevano aiutato in quel difficile momento, ma anche facendogli vedere in modo nettamente diverso la situazione dei ciechi che aveva conosciuto durante quel periodo, da quelli che gli avevano insegnato il braille ai bambini non vedenti che aveva incontrato. E tra i ciechi che gli sono stati accanto un ruolo fondamentale, da vera guida e maestro di vita e solidarietà cristiana, è stato senza dubbio quello svolto dal missionario Padre Fabio Gilli.
Una volta guarito, e tornato in Togo, Moïse ha deciso che la sua vita non sarebbe stata la stessa di prima: lui che aveva riacquistato la vista grazie alla Provvidenza, che si è manifestata concretamente nella generosità di tante persone, non avrebbe mai dimenticato i fratelli non vedenti del Togo che non avevano avuto la sua stessa fortuna.
Per prima cosa si è messo a disposizione di Padre Fabio per aiutarlo a svolgere le sue iniziative, pastorali e sociali, a favore dei tanti non vedenti di Lomé che regolarmente si recavano da lui. Moïse è diventato il segretario di Padre Fabio, gestiva i suoi aiuti, interveniva nelle situazioni difficili, sempre accanto a lui. Ha svolto questo compito di supporto per circa sette anni finché nel 2017 Padre Fabio, sempre più anziano, ha dovuto tornare in Italia dove adesso vive in una residenza dei Comboniani vicino a Verona. Moïse mi ha ripetuto spesso quanto preziosa sia stata per lui quell’esperienza a fianco di Padre Fabio e quanto abbia da lui imparato ad ascoltare e rispettare tutti coloro che venivano a cercare aiuto. Ascolto e rispetto verso le persone in difficoltà sarà sempre un segno indelebile del suo modo di operare.
Nel 2013 nasce il PINV – Projet d’Integration des Non-Voyants
Nel 2013 Moise è diventato ufficialmente rappresentante in Togo della nostra associazione, il Gruppo San Francesco d’Assisi, e con lui abbiamo fondato un servizio operativo, chiamato PINV – Projet d’Integration des Non-Voyants, che aveva lo scopo di fornire supporto agli studenti ciechi dell’università di Lomé dando loro un contributo economico per vivere nella capitale, pagando le rette universitarie, fornendo i libri di studio in braille, la carta per scrivere e altri materiali necessari.
Negli anni successivi il PINV ha gradualmente esteso i suoi servizi anche agli studenti dell’università di Kara, agli istituti per non vedenti di Dapaong, Kara, Sokodé e Lomé e a tanti allievi ciechi del College o del Liceo che studiano in quelle città, ed era sempre Moïse che teneva i rapporti con tutti: sia a livello ufficiale con i direttori delle varie scuole ma anche personale, molto confidenziale, con tanti ragazzi e ragazze non vedenti con i quali sapeva parlare e ascoltare.
L’impegno nel campo sanitario: prevenire la cecità
Ma a Moïse tutto questo non bastava. Mi diceva spesso «è importante far studiare i ragazzi che non vedono ma sarebbe stato molto meglio aver curato prima i loro occhi per fare in modo che non diventassero ciechi». Era impressionante constatare che tantissimi bambini o ragazzi ciechi che frequentavano gli istituti specializzati non erano mai stati visitati, in vita loro, da un oculista. Erano ciechi, ma non si sapeva perché.
Ma l’episodio che ha cambiato la vita di Moïse e l’ha portato a intervenire con estrema determinazione nel campo sanitario è accaduto nel 2015 e merita, anche se in modo sintetico, di essere raccontato.
Da soli due anni Moïse si prendeva cura dei ciechi attraverso il nostro progetto ma il suo impegno cominciava ad essere già ben conosciuto. Gli dissero che nel villaggio di Assikor, a 20 km da Lomé, una famiglia composta da una madre vedova con due figlie era in grande difficoltà perché entrambe le ragazze erano diventate cieche, una da pochi mesi, l’altra qualche anno prima.
Moïse è andato a trovarle, ha parlato con loro e ha toccato con mano la loro pena. Entrambe le ragazze avevano perso la vista per piccole infezioni o altre cause che mai avrebbero portato alla cecità completa se fossero state curate, ma loro non avevano i mezzi economici per poterlo fare.
Moïse ha provato a rassicurarle promettendo il supporto del PINV e del Gruppo San Francesco. Mi aveva subito scritto chiedendomi se potevamo intervenire e gli ho risposto che certamente le avremmo aiutate.
Si sono dati appuntamento al giorno dopo per discutere meglio cosa fare, ma la notte si sono impiccate. Tutte e tre.
Moïse ne è rimasto sconvolto. E io con lui. Sconvolto per la sorte di quelle tre persone e per la loro terribile situazione. Sconvolto perché ha visto che se non si fa nulla la cecità può portare alla disperazione e alla morte. Sconvolto perché ha visto come la cecità uccide le persone povere e sole.
Dopo quella tragedia gli interventi per la salute degli occhi e la prevenzione della cecità sono diventati l’assoluta priorità per l’associazione SoTEs, Solidaire Terre d’Esperance, che Moise aveva fondato poco prima e di cui era presidente.
2016/2019: gli ambulatori oculistici itineranti
Nel 2016 Moïse organizza, grazie a un finanziamento ricevuto dall’Italia, il primo servizio oculistico itinerante, con strumenti presi a noleggio, proprio nel villaggio di Assikor, quello che era stato teatro della tragedia delle tre povere donne l’anno prima: le visite oculistiche si tengono anche all’aperto, sotto agli alberi. Decine di persone vengono visitate e venti ricevono medicine e occhiali gratis. Non è molto, ma la strada è quella giusta!
Nel 2017 l’iniziativa viene replicata ma si sposta nella zona di Bassar e qui i numeri esplodono: 918 persone visitate, tra cui 343 bambini. A 49 pazienti sono stati riscontrati problemi più rilevanti e inviati, sempre gratuitamente, ad accertamenti specifici in centri specializzati. 60 saranno in seguito operati e a un centinaio sono stati dati gli occhiali gratis.
L’esperienza si è ripetuta nel 2018 e nel 2019, sempre con oltre 1000 persone visitate ogni anno e l’organizzazione era sempre la stessa: per circa una settimana arrivava una squadra di oculisti, infermieri e volontari che visitavano gratuitamente agli occhi tutti quelli che si presentavano, somministravano medicine, fornivano occhiali e, se ce n’era bisogno, portavano successivamente in città tante persone per interventi di cataratta. Tutto era gestito senza nessuna struttura fissa, in locali in prestito, con strumenti oculistici presi a noleggio… ma ha funzionato!
Per realizzare queste iniziative in modo gratuito servivano naturalmente dei finanziamenti e Moise ha iniziato a chiedere aiuti a tanti enti, ditte e singole persone, soprattutto in Italia, approfittando anche dei viaggi che riusciva a fare quasi ogni anno.
Per dire quanto fosse determinato in queste ricerche basti pensare che da solo si è messo a studiare l’italiano, senza frequentare corsi o lezioni, e in pochi anni è arrivato a parlarlo molto bene, a conversare agevolmente con tutti e tenere anche interventi in pubblico. Gradualmente ha conquistato la stima e la fiducia di molti benefattori; per la sua simpatia e la capacità di comunicare, ovviamente, ma soprattutto perché era in grado di mostrare i risultati concreti delle sue iniziative, con numeri, bilanci e fotografie.
Ma il servizio temporaneo, una volta all’anno, offerto dalle campagne itineranti non poteva bastare. Le persone potevano aver bisogno dell’oculista anche in altri momenti dell’anno, non solo in quella settimana. Sarebbe servita quindi una struttura stabile, sempre aperta e disponibile per chi ne avesse bisogno. Per poter fare una cosa del genere bisognava costruire un edificio apposito, acquistare gli apparecchi necessari, mettere in funzione ogni cosa… Tutto partendo da zero, senza neppure un soldo per cominciare o un terreno su cui costruire.
Era solo un sogno, in sostanza, o, se si preferisce, una follia.
2019: inizia la costruzione dell’ambulatorio Diffidi a Bassar
Quella del 2019 darà l’ultima delle campagne oculistiche itineranti perché in quell’anno inizia l’avventura dell’ambulatorio oculistico Difiidi di Bassar e Moïse ha dimostrato a tutti che, con la forza della volontà e l’aiuto di Dio, i sogni si possono avverare e le follie non sempre sono davvero tali.
Tutto prende il via grazie una donazione della famiglia Ceola di Malo (Vicenza – Italia). La comunità di Nangbani mette a disposizione il terreno e nel mese di settembre del 2019 iniziano i lavori di costruzione. Si sapeva benissimo che i soldi ricevuti dai Ceola non sarebbero stati sufficienti per completare la costruzione ma in novembre Moïse viene in Italia e io e lui, assieme andiamo, a incontrare tante persone, soprattutto a Roma e a Padova. Moise sa essere convincente e otterrà in pochi mesi dalla Caritas Antoniana di Padova, che gestisce le offerte raccolte presso la famosa Basilica di Sant’Antonio, il finanziamento necessario per completare l’edificio. A Roma abbiamo incontrato il presidente nazionale dell’Unione Italiana Ciechi Mario Barbuto e i responsabili dell’IAPB, la sezione italiana dell’Agenzia per la prevenzione della cecità dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dell’ONU: conoscevano Moïse perché negli anni precedenti già avevano finanziato le iniziative itineranti e ci aiutarono anche per acquistare le attrezzature oculistiche. Un importante aiuto arriverà poi anche dal MAC, Movimento Apostolico Ciechi, l’associazione che unisce i ciechi cattolici italiani.
2020: in piena pandemia Covid viene inaugurato l’ambulatorio
Nel settembre 2020, un anno dopo l’inizio dei lavori, il sogno di Moïse è diventato realtà. L’edificio è finito, sono arrivati gli apparecchi per le diagnosi, le medicine nella farmacia, una scorta di lenti e di occhiali, e si parte! L’ambulatorio inizia a funzionare il 20 settembre 2020 e Moïse mi manda la foto della prima visita: davanti al medico e al rifrattometro c’è la sua mamma! Moïse ha voluto che fosse lei la prima paziente di Difiidi. Siamo in piena pandemia Covid e l’inaugurazione si svolge in tono minore, con poche persone e tutte con la mascherina, ma la soddisfazione è enorme!
La velocità dei lavori e la correttezza delle procedure, attentamente verificate da Moïse , rinsaldano la fiducia dei benefattori italiani e il sogno continua: l’anno dopo, nel 2021, grazie a un secondo contributo della Caritas di Sant’Antonio da Padova viene aggiunto l’edificio per il blocco operatorio e scavato il pozzo. Si cominciano ad operare qui le cataratte e a Natale, grazie alla generosa donazione di due ditte Italiane, Corex e Viemme di Sossano (Vicenza), Moïse organizza una campagna eccezionale, che chiamerà “Natale di Luce”, che consentirà a un centinaio di persone di recuperare la vista. “Natale di Luce” è stata replicata, con numeri analoghi, anche nel 2022 e nel 2023. Considerando quello che è successo in questi mesi a Moïse si è dovuto interrompere l’iniziativa per il 2024 ma siamo fiduciosi che possa essere ripresa nel corso del 2025.
Nel 2022 abbiamo organizzato, anche se in ritardo, la festa dell’inaugurazione rinviata per il Covid.
Nel 2023 grazie alla donazione di Ombretta Meriggi, una mamma italiana che ha voluto così ricordare Giorgio, il giovane figlio tragicamente scomparso, viene costruito anche un edificio per ospitare in modo decoroso i pazienti che devono passare qui la notte dopo l’intervento di cataratta.
Nel 2024, pochi mesi fa, viene installato l’impianto fotovoltaico donato dalla fondazione italiana SEVA for Africa e adesso il Centro Difiidi ha energia elettrica, gratuita e abbondante, grazie ai raggi del sole.
Tutto questo in neppure 5 anni!
I princìpi che hanno guidato le scelte di Moïse .
Ho voluto rendere pubblica oggi questa mia testimonianza su Moïse perché avendo strettamente collaborato con lui per tanti anni penso sia mio dovere fare in modo non solo che i suoi meriti siano riconosciuti, per questo direi che basta vedere quello che ha realizzato, ma anche che siano noti i princìpi che hanno guidato le sue scelte.
Innanzitutto l’amore per il suo paese. Lui è stato tante volte in Europa e vedeva la differenza tra quel modo di vivere e quello del Togo ma mi diceva sempre che la sua preoccupazione era quella di fare in modo che si potesse vivere meglio anche a casa sua, non di andarsene da solo.
Si sentiva un privilegiato per avere recuperato la vista. « Moïse (Mosè in italiano) vuol dire salvato dalle acque – diceva – ed io sono stato salvato dalla cecità». E come privilegiato si è sentiva sempre in dovere di aiutare gli altri.
Aiutare gli altri, come aveva insegnato padre Fabio Gilli, significa prima di tutto ascolto e rispetto. Moïse sapeva che l’aiuto è sempre disinteressato, neppure la riconoscenza è dovuta.
Moïse era coraggioso e determinato. Si è posto degli obiettivi e li ha raggiunti usando le risorse che aveva a disposizione: ci ha mostrato che è possibile cominciare a fare visite oculistiche anche sotto gli alberi, ma poi si deve andare avanti.
Moïse sapeva fare da solo, se era necessario, ma anche lavorare assieme agli altri, collaborare e fare squadra.
Oggi la collaborazione e l’impegno è indispensabile per mantenere in vita quello che lui ha fatto partire. E questo, ovviamente, è compito e responsabilità di tutti noi. Da qualche tempo il motto di Moïse era diventato “Ensemble on voit mieux !” “Insieme vediamo meglio!”. Ripeteva e scriveva sempre questa frase, ma non si riferiva a occhiali o a cataratte: insieme vediamo meglio i bisogni delle persone in difficoltà, insieme vediamo meglio come aiutarle. È questo quello che Moïse ci ricorda ancora.
Per concludere
Spero di incontrare presto di persona tutti voi, familiari, amici, collaboratori di Moïse . Abbraccio in particolare, da lontano, la moglie Akofa, la sorella Chantal Assana e la cara mamma.
Lasciatemi dire una parola per Philippe.
Il tuo papà è un grande, caro Philippe, più crescerai più sarai orgoglioso di lui e di quello che ha fatto. Anche in Italia tante persone che l’hanno conosciuto, o che hanno sentito la sua voce alla radio o che semplicemente hanno sentito parlare di lui ora sono tristi, ma ammirati per quello che tuo papà ha fatto in questi anni. Spero mi sia dato il tempo di vederti crescere per poterti raccontare meglio, da adulto, quello che ha fatto Moïse Allassan Tchapo, il tuo papà.
Caro Moïse
Grazie per quello che hai fatto per i tuoi fratelli non vedenti del Togo.
Grazie per quello che hai fatto perché altri fratelli conservassero il dono della vista.
Grazie per tutto quello che ci hai insegnato.
Che il Signore ti accolga tra le sue braccia come, grazie alla tua Fede convinta, tu hai sempre sperato.
Riposa in Pace, Moïse !
Ma noi no, noi non riposeremo: noi continueremo ad impegnarci, e a lottare se serve, perché quello che tu hai realizzato con tanto amore e passione in questi anni continui a vivere e funzionare. Questa penso sia questa la promessa doverosa che oggi dobbiamo farti e quello che tu ti aspetti da noi.
Insieme vediamo meglio!
Flavio Fogarolo
2 novembre 2024