Siamo arrivati ai giorni nostri,Urbana…
Sì, che non sono tanto piacevoli.
Forse non mi è stato risparmiato niente nella mia vita. A volte ci penso…
Potremmo concludere con un bilancio: o di questa tua trasmissione oppure… a ruota libera.
Della mia vita credo di aver detto tutto, raccontando e parlando.
E nonostante tutte le avversità, i problemi e i dolori che mi sono stati dati, posso dire d’averla accettata, e accettandola ho accettato me stessa. Perché l’importante è quello: accettare noi stessi.
A dire il vero io spesso faccio un po’ di bilanci e mi guardo indietro; perché mi piace guardare indietro, tornare all’infanzia e anche alla giovinezza. E guardando indietro, alla fine, non è che veda tutto questo grande disastro.
A volte mi sembra invece di vedere un bel panorama. Mi piace immaginare la vita come un ascendere: salire, salire su questo monte per arrivare sulla cima e poi lassù godere del libero sole, della piena libertà dello spirito. Io mi sto avvicinando alla cima e, voltandomi indietro, comincio a distinguere una bella veduta, come quella che si scorge a volte salendo i monti e guardando gli orizzonti lontani e quelli più vicini; osservando tutte le belle cose che riempiono gli occhi a chi vede, e a me lo spirito.
E allora, ecco, della mia vita nonostante tutto dico: «Grazie!». Grazie perché mi è stata data, perché ho potuto viverla.
Non so quanti giorni ancora mi saranno riservati ma fino in fondo spero di essere coerente; la morte mi deve trovare serena. Voglio essere certa di non essere stata imbrogliata proprio dalla morte.
Devo io sorridere, devo io dire: «Ho combattuto la mia battaglia, ho giocato il mio gioco, e non ho perso. Forse apparentemente, valutando con gli occhi degli altri, qualcuno potrà pensare che la mia vita è stata una sconfitta, ma non è così: io non ho perso!»
Spesso, Urbana, in questo lungo racconto hai nominato il Signore; che parte ha avuto la fede nella tua vita?
La parte principale.
Col mio carattere avrei potuto, forse, vivere anche non credendo, perché sono partita dal principio che devo vivere senza aspettarmi nessun premio.
A volte si aspetta… si aspetta la ricompensa dell’aldilà.
Io non mi aspetto nessun premio. Ho vissuto così perché dovevo vivere così e forse avrei vissuto così anche senza la fede.
Però la fede è un qualcosa che ti dà la forza in certi momenti di continuare, ti dà coraggio di aggrapparti a qualcosa, e quindi ti senti sicuro. Quando c’è il buio, e ancora più del buio, tu sai che al di là c’è la luce; allora speri, e allora continui. Ti aggrappi a qualunque appiglio, ma sai che non sei sola, che qualcuno ti sostiene. La mia non è una fede bigotta o fanatica; semplicemente credo, credo in un Dio amore e in un Dio giusto, e confido molto nel suo amore e nella sua giustizia.
Una fede cosi non nasce dal niente, va coltivata e aumentata.
Mi domando… poiché può essere utile a ognuno di noi, a chi la fede ce l’ha, a chi la sta cercando, a chi pensa di non averla anche se ha la ‘sua’ fede… Ecco: come l’hai alimentata questa tua fede, che cosa l’aiuta a crescere?
L’ho nutrita con l’amore immenso che ho per tutte le cose belle che Dio ha fatto.
A qualunque cosa penso io so che è opera sua, e per ogni opera della natura di cui sono innamorata penso: «Se amo quest’opera ho in mente prima di tutto il suo creatore»
E quando mi succedevano, o mi succedono ancora, cose gravi e inspiegabili, inaccettabili a volte, allora mi abbandono, non sto a cercare nella mia mente risposte che non potrei avere, mi abbandono sicura e dico: «Quello che non capisco adesso lo capirò più tardi».
Perché è avvenuto sempre così, in tutte le cose: in un primo momento mi prende una gran voglia di capire: «Ma perché, ma perché…» ma dopo alcuni anni ci ripensi e vedi che sono andate così perché c’era un motivo, un disegno ben preciso. Ed è un disegno molto più bello e più giusto di quello che era nel nostro desiderio.
Il filo della memoria, che tu hai sempre coltivato con passione, ha così alimentato anche la tua fede. Rivedere quello che si è vissuto aiuta a capire il significato delle cose che al momento sfuggiva perché si era lacerati dalla sofferenza.
È così.
La fede, questa immensa grazia, più che mai mi serve…
Mi “serve” è una brutta parola, però io l’adopero lo stesso. E me la prendo tutta, la fede, e continuo a credere: con rispetto, con timore, quasi, di chiedere… A volte ho timore anche di pensare a qualcosa che potrebbe, non dico disturbare, ma non essere adatto al pensiero di Dio.
Urbana, io direi di fermarci qui.
A nome di tutti io ti dico solo “grazie”… Ma dentro c’è tutto quanto.