Nel numero di dicembre 2020 del Corriere dei Ciechi , quattro pagine dedicate al Togo.
Iniziative di sostegno in Togo – Come l’istruzione ha cambiato la vita ai ciechi in Togo
di Flavio Fogarolo
Il Togo è un piccolo paese dell’Africa subsahariana affacciato sul golfo di Guinea. Da alcuni decenni è stato teatro di importanti iniziative di sostegno nel campo dell’istruzione dei non vedenti che hanno prodotto nel tempo risultati veramente eccezionali in termini di emancipazione sociale e culturale. È un progetto di grande rilevanza che anche l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti sta sostenendo generosamente.
Come in molti paesi africani, anche in Togo vivono molte persone che, per i motivi più disparati, hanno perso la vista e tra queste ci sono anche tanti bambini che, però, a differenza di altri paesi limitrofi, in gran maggioranza vanno a scuola. Non si può dire al 100% perché succede ancora, girando per i villaggi più isolati con le iniziative di screening oculistico, che ogni tanto spunti qualche ragazzino cieco che non ha mai visto un medico e i cui genitori mai sono stati informati della possibilità di portarlo a scuola, ma sono eccezioni che si contano sulle dita delle mani.
Questa situazione è il risultato di un lungo lavoro sviluppatosi soprattutto negli ultimi decenni del secolo scorso che ha portato all’attivazione nel paese di ben 8 scuole-convitto specializzate per non vedenti, ancora pienamente in funzione nonostante varie difficoltà, che coprono tutte le regioni di questo paese che è sì piccolo, anzi piccolissimo rapportato alle dimensioni del continente africano, ma conta comunque 7 milioni di abitanti e si estende per circa 700 Km di lunghezza. Per fare qualche esempio, nel confinante Benin che ha una popolazione di 11 milioni di abitanti ci sono 4 scuole per ciechi, in Burkina Faso con 17 milioni di abitanti solo 2, lo stesso nel Mali con 11 milioni. Avere meno scuole significa ovviamente più bambini ciechi che non accedono all’istruzione, non meno bisogni, perché in percentuale i non vedenti di tutte le età sono più o meno gli stessi in tutti questi paesi.
È interessante notare che ben 4 delle 8 scuole specializzate del Togo sono sorte su iniziativa di due non vedenti italiani: il comboniano trentino Padre Fabio Gilli, che nel 1984 ha fondato la scuola di Togoville a sud del paese, a pochi chilometri dalla riva dell’oceano, e il professor Riccardo Placchetta, di Vicenza, che tra il 1991 e il 2006 ha fatto partire ben tre scuole coprendo la zona centrale del paese, a Kara e Sokodé, e infine aprendo una nuova grande struttura nella periferia della capitale Lomé. Si tratta di vere scuole, con circa 50-70 alunni ciascuna e tutte le classi del corso di studio primario togolese, che preparano i ragazzi a frequentare successivamente i corsi superiori all’esterno per conseguire il diploma del BAC e accedere infine, per chi se la sente, all’università, attualmente frequentata da decine di studenti ciechi divisi tra i due atenei togolesi di Lomé e Kara.
L’associazione onlus che io presiedo, e che ha come unico scopo quello di sostenere l’istruzione dei ciechi del Togo, si chiama Gruppo San Francesco d’Assisi (www.grupposanfrancesco.org) ed è stata fondata 30 anni fa da Urbana Carezzoli, una cara amica, anch’essa non vedente, scomparsa nel 2000.
Attualmente la nostra piccola associazione si è impegnata ad aiutare concretamente tutte queste strutture che in genere, grazie al grande impegno dei decenni scorsi, sono fornite di strumenti ed edifici adeguati e che vengono aiutate dallo Stato togolese nel pagamento degli insegnanti, ma che soffrono per la mancanza di supporti comunque fondamentali, ad esempio per acquistare il cibo, per garantire un po’ di salario al personale di servizio (cucina, sorveglianza, assistenza) che lo Stato non ha assunto, per pagare le rette scolastiche ai ragazzi che frequentano le scuole superiori all’esterno ecc.
Abbiamo inoltre preso in carico 30 universitari ciechi a cui diamo una borsa di studio (circa 30 euro al mese) per affittare una stanza e vivere in città e per raggiungere il campus universitario usando i sempre presenti e abbastanza economici mototaxi, considerando che gli autobus non esistono e percorrere le distanze a piedi in quelle caotiche città sarebbe improponibile, anche perché molto rischioso a causa del traffico. Paghiamo anche le tasse universitarie e offriamo un importante servizio di stampa braille da noi interamente finanziato, con sede nella capitale Lomé, chiamato PINV – Projet d’Intégration des Non-Voyants – Togo.
A proposito di stampa braille, una voce di spesa per nulla banale è diventata negli anni l’acquisto della carta, sia per la scrittura individuale che per le dispense stampate. In Togo la carta è tutta importata e costa più che da noi, nonostante la si acquisti all’ingrosso, e fornire centinaia di utenti che, giustamente, scrivono, e scrivono tanto, non è uno scherzo. Fondamentale è stato quest’anno il supporto dell’UICI che ha coperto con 5.000 euro i costi di un intero anno solare, per cui possiamo continuare a dare la carta che serve a tutti gli alunni e gli studenti ciechi del Togo.
Stiamo facendo un grosso sforzo per favorire anche l’uso di altri strumenti di studio, in particolare audiolibri e, almeno per qualche studente universitario, computer e libri digitali. Diamo in dotazione a tutti gli studenti delle ultime classi del liceo e agli universitari un registratore digitale ad uso personale mentre per i piccoli forniamo una dotazione di apparecchi da usare assieme, con il supporto degli insegnanti. Abbiamo organizzato una biblioteca di audiolibri raccogliendo quasi 500 volumi in francese, con grande attenzione alle opere per bambini e ragazzi, possibilmente di cultura africana, affinché imparino fin da piccoli a usare questo sistema di lettura. Abbiamo inoltre fornito ad ogni scuola una memoria esterna su disco con tutta la raccolta per cui ogni scuola ha la sua biblioteca.
In generale, ci siamo molto impegnati a sostenere le scuole fornendo strumenti didattici di supporto, soprattutto di tipo tattile, che purtroppo quasi nessun insegnante usa e conosce. L’insegnamento in Togo è già di per sé molto nozionista, ma nelle classi dei ciechi prevale inoltre una comunicazione puramente verbale, parlata o scritta, e, a parte punteruolo e tavoletta, i bambini non hanno altro. Così abbiamo cominciato a portare carte geografiche tattili, modellini di geometria, tavole di scienze… e abbiamo proposto metodi semplici per realizzare disegni a rilievo. Per i piccoli abbiamo portato giochi e strumenti per comprendere l’organizzazione spaziale, ma anche alcuni sistemi di introduzione al braille che consentissero di scrivere e leggere le prime paroline senza ribaltamento, per passare solo successivamente alle inevitabili forche caudine della tavoletta e del punteruolo. Sono proposte che sono state accolte con entusiasmo dagli insegnanti: un giovane maestro non vedente mentre toccava i modellini in legno delle figure geometriche mi ha confessato che finalmente aveva capito com’è fatta una piramide. Evidentemente in tanti gliel’avevano spiegato a parole ma nessuno gliene aveva mai fatto toccare una.
Per altri versi, sono scuole che funzionano anche meglio delle nostre, in particolare per lo sviluppo delle autonomie personali e della mobilità: i ragazzi ciechi più grandi vivono quasi tutti da soli, si fanno da mangiare, tengono puliti i loro vestiti, compresa l’immancabile divisa obbligatoria per tutti a scuola e anche all’università, si spostano senza problemi nelle loro intricate città dove anche chiedere informazioni è difficile per tutti perché le strade non hanno nomi, tanto meno numeri civici. Eppure se vi danno appuntamento da qualche parte vi arrivano senza problemi; o meglio, l’unico problema è avere i soldi per pagare lo zemidjan, il conducente del mototaxi. Dopo anni di impegno, si vedono i risultati. Padre Gilli ricorda spesso le scene a cui doveva assistere con i primi bambini accolti a Togoville, la gente del villaggio che non li voleva perché i ciechi avrebbero portato la maledizione degli spiriti, li maledicevano per strada, a volte li prendevano a sassate. Sono passati pochi decenni, ma oggi episodi del genere sarebbero inconcepibili e la differenza di sicuro l’ha fatta la scuola: i ragazzi che hanno potuto studiare hanno ora una vita dignitosa, sono rispettati socialmente, vivono del loro lavoro. La scuola del Togo è molto selettiva (per dire: ogni anno 70% di respinti all’esame del BAC, la nostra maturità) ma dà molto più valore che da noi ai titoli di studio, per cui per un ragazzo cieco un diploma può davvero cambiare la vita. Da notare che le percentuali di successo dei nostri studenti sono molto più alte della media: al BAC siamo sul 90%, nelle altre classi si sfiora il 100%. Il tutto senza nessuna agevolazione. Anche per questo motivo non ci tiriamo indietro quando ci chiedono di accedere all’università: se la sono guadagnata questa opportunità e gliela dobbiamo dare. Quasi tutti i nostri studenti universitari provengono da famiglie poverissime e sono gli unici tra tutti i fratelli che hanno potuto studiare: anche avessero avuto i mezzi, i genitori probabilmente avrebbero investito sugli altri figli, non su quello che non vede. Una bella soddisfazione per loro, ma di sicuro anche per noi.