Logo Gruppo S. Francesco

 

 


Home

In questo
numero:

2002: mese per mese a fianco di Kekeli Neva

Due anni senza Urbana

Sono stato a Togoville

Un centro per ciechi a Lomé

L’istituto Siloè in Benin

«Un cieco può fare l’allevatore?»
«Niente di più facile» dice Segbe Kodjo

Per non mendicare mai più

Dall’Uganda un appello per gli orfani dell’AIDS:
«Aiutateli ad andare a scuola»

Carissimi del Gruppo San Francesco (di. P. R. Zordan)

“Ero uno dei tanti mendicanti del mio villaggio”

La vocazione missionaria di Urbana: una sfida sempre viva

Urbana Carezzoli

Dedicato a Maman Urbana Carezzoli

Il Gruppo San Francesco d’Assisi

Carissimi amici (di P. Fabio Gilli)

Gruppo San Francesco d'Assisi
Associazione di solidarietà per i ragazzi ciechi del Togo

Amici di Togoville

Bollettino del "Gruppo San Francesco d'Assisi" - Barbarano Vicentino (VI)
dicembre 2002-gennaio 2003

Versione PDF


2002: mese per mese a fianco di Kekeli Neva
Una sintetica rassegna delle iniziative più importanti
intraprese dal nostro gruppo nell’anno appena trascorso.

Diciamo subito che le cose davvero importanti sono anche le più difficili da raccontare: parliamo della generosità dei nostri sostenitori, dell’impegno dei volontari, della costante abnegazione di chi lavora in Africa in prima linea.
Un grazie di cuore a tutti loro, quindi, tanto per cominciare.

Gennaio - marzo
Due container per il Togo
Sono due i container di aiuti per il Togo che il nostro Gruppo ha organizzato quest’anno, uno per Padre Fabio Gilli e gli altri missionari comboniani di Lomè, l’altro per l'Istituto dei ciechi di Togoville. Complessivamente abbiamo acquistato e spedito circa 80 quintali di generi alimentari oltre a diverso materiale specifico per non vedenti. Altre cose sono state donate o raccolte con pazienza dai volontari del gruppo: medicinali, vestiti, materiale didattico, macchine da cucire, mattonelle da edilizia, utensili di vario tipo…

Aprile
Un aiuto per l’Uganda
Il gruppo accetta di sostenere le spese scolastiche di una quindicina di studenti ugandesi particolarmente bisognosi. Ne parliamo meglio a pagina 7.

Maggio
Assemblea del Gruppo San Francesco
Il 4 maggio si è svolta a Barbarano l'Assemblea annuale dell'Associazione Gruppo San Francesco d'Assisi, chiamata quest'anno al rinnovo delle cariche sociali. Alla riunione hanno partecipato, graditi ospiti, anche rappresentanti di altri gruppi impegnati in iniziative di solidarietà per il Togo.
Le elezioni delle cariche associative hanno dato questi risultati:
- presidente Flavio Fogarolo;
- altri membri del consiglio: don Camillo Berti, Dalma De Marzi, Aurora Michelazzo, Stefania Pedersini, Marco Polo, Mauro Pozza, Raffaello Staurengo, Luigina Vigolo:
- revisori dei conti Maria Giovanna Bogoni e Laura Donello.
L'assemblea ha approvato il bilancio e la relazione del consiglio uscente.
Riportiamo nella pagina a fianco le "considerazioni finali" della relazione; il testo completo e il bilancio sono a disposizione di tutti gli interessati.

Giugno
Rassegna “Cori Nostri”
Sabato 1° giugno si tiene a Barbarano, la rassegna dei cori parrocchiali della zona.
Un piacevole momento di festa in cui, come ormai da diversi anni, la solidarietà per Kekeli Neva ha un posto davvero importante.

Luglio
Tutti promossi!
Suor Sophie, direttrice dell'Istituto di Togoville, ci comunica che tutti i ragazzi che hanno sostenuto gli esami di fine corso sono stati promossi: 3 hanno finito la scuola primaria (le nostre elementari), 5 il BEPC (simile alle medie) e 2 il BAC, ossia la maturità. Gli esami in Togo non sono una formalità per nessuno, tanto meno per gli studenti ciechi, e questo spiega la grande soddisfazione della suora e di tutta la comunità di Kekeli Neva.

Luglio
Vetrina dell’impegno
Il Gruppo San Francesco partecipa alla rassegna delle associazioni di volontariato a Ponte di Barbarano.

Agosto
Viaggio in Togo
Il presidente del Gruppo, Flavio Fogarolo, compie un viaggio in Togo di una settimana per conoscere direttamente le varie iniziative sostenute dall’associazione.

Settembre
È in Italia suor Sophie
Due suore di Togoville, la direttrice suor Sophie e Suor Aimée Joseffe, trascorrono un mese a Padova per un corso di formazione presso l'Istituto dei ciechi Configliacchi.
Il 29 settembre Suor Sophie è a Barbarano. Una visita a casa di Urbana, al cimitero e poi il caloroso incontro con un numeroso gruppo di nostri soci e sostenitori.

Settembre
Riapre Kekeli Neva
Il 16 settembre in Togo è il primo giorno di scuola.
Sono 86 quest’anno gli allievi dell’Istituto dei ciechi di Togoville, sei in più rispetto all’anno scorso. La nuova prima elementare conta otto alunni, quattro sono nella classe preparatoria (scuola materna).

Ottobre-dicembre
La lotteria
Si è conclusa positivamente anche quest’anno l’ormai tradizionale lotteria del nostro gruppo organizzata con la collaborazione della parrocchia di Barbarano.
Un grazie caloroso alle ditte che generosamente hanno offerto i premi e ai tanti che ci hanno aiutato a vendere i biglietti.
Con il ricavato della lotteria copriremo le spese del container che partirà all’inizio del prossimo anno.


Due anni senza Urbana
Con l’assemblea di maggio ha concluso il suo mandato il primo consiglio del Gruppo S. Francesco eletto dopo la morte della sua fondatrice. 
Qualche riflessione da condividere con tutti coloro che ci sostengono e ci aiutano.

Speriamo che la nostra associazione abbia ormai superato la difficile fase seguita alla scomparsa di Urbana. Lei era insostituibile ed essenziale per il Gruppo San Francesco, ma anche il Gruppo è insostituibile ed essenziale per i ragazzi ciechi di Togoville.
Abbiamo dovuto cambiare modo di lavorare per poter continuare fare, senza di lei, quello che certamente lei avrebbe voluto che si continuasse a fare.
Tutti avremmo preferito continuare come prima, portare direttamente a lei le nostre offerte, farci raccontare dalla sua voce tutte le novità dal Togo. Non è certo la stessa cosa versare i soldi alla posta o in banca e ricevere le informazioni attraverso un po' di lettere.
Eppure la pianta della solidarietà che Urbana ha fatto crescere continua a vivere e dare frutti anche adesso che non è più lei che la coltiva direttamente.
Chi si è fidato di Urbana continua a fidarsi anche delle persone che ora in qualche modo cercano di portare avanti il suo lavoro, anche se spesso neppure le conosce personalmente. Ed è grazie a questa fiducia che il consiglio uscente del Gruppo, eletto poche settimane dopo la morte di Urbana, è riuscito a raggiungere i due principali obiettivi prefissati: da un lato il mantenimento degli impegni presi con gli amici del Togo, dall'altro la trasformazione del Gruppo San Francesco in un organismo che, non potendosi più basare sul carisma di una sola persona, ha dovuto rivedere tutta la sua organizzazione puntando sulla trasparenza e sulla correttezza, anche formale, della gestione economica.
Il Gruppo è cresciuto, sia come contributi raccolti che come numero di persone che hanno fatto piccole o grandi offerte. Per due anni abbiamo superato l'obiettivo minimo che ci eravamo posto con i contributi da garantire alla scuola di Togoville e a padre Fabio.
Siamo, e rimarremo, un piccolo gruppo ma qualcosa in più possiamo fare.
E se "possiamo" è giusto che "facciamo".
Un grazie di cuore a tutti coloro che ci hanno aiutato e che ci sono stati vicini in questi due anni.

Il Consiglio uscente del Gruppo S. Francesco
dalla "Relazione sulle attività svolte"
discussa e approvata dall'assemblea dei soci
Barbarano Vicentino, 4 maggio 2002


Sono stato a Togoville
Un breve resoconto del mio viaggio in Togo. Tante
iniziative in atto con le quali, pur tra mille difficoltà, si cerca di offrire occasioni di lavoro e speranza per tutti.

Sono stato in Togo questa estate. Una visita di una sola settimana, molto intensa, che mi ha fatto capire molte cose.

È venuto con me Roberto Masserut, di Pordenone, che in questi anni ha fatto molto per Togoville, sia a titolo personale che come socio dell'associazione ciechi di guerra. Siamo stati ospitati da Padre Fabio ad Adidogomé, alla periferia della capitale.

Fare il viaggio ad agosto, con le scuole chiuse, non è l’ideale ma purtroppo non avevo alternative. In compenso abbiamo incontrato la stagione migliore: ferragosto da quelle parti è il periodo più fresco dell’anno.

Le suore dell’Istituto di Togoville e del centro per disabili di Lomè ci hanno accompagnato da una parte all’altra a vedere le piccole e grandi iniziative che hanno messo in piedi per offrire lavoro e dignità ai ciechi, ma non solo, al termine della scuola. Abbiamo visitato allevamenti, mulini, piccole attività commerciali, laboratori artigianali…

La scuola funziona bene, i ragazzi studiano con successo e alcuni sono anche davvero brillanti. Ma non basta. Perché tutto questo non risulti inutile bisogna offrire delle occasioni di lavoro, spesso creandole dal nulla.

In campagna si punta soprattutto sugli allevamenti e sui mulini.

Un allevamento di galline ovaiole funziona già da alcuni anni a Togoville, a qualche chilometro dall'istituto, e offre lavoro direttamente a 4-5 ciechi che possono mantenere così le loro famiglie. Ma sono molti di più quelli che vi gravitano attorno e che con piccoli lavori, anche occasionali, possono trarre un po' di reddito.

Da quest'anno hanno preso il via due nuovi allevamenti, a 10-20 chilometri più a nord. Ne parliamo più a fondo a pagina 6.

In campagna funzionano molto bene anche i mulini, dei piccoli impianti per la macina del mais e della manioca. Nel 1999, grazie alle offerte di alcuni sostenitori, il gruppo San Francesco ha finanziato tre di questi mulini, oggi tutti in piena attività.

A Togoville, dentro l'istituto, c'è il laboratorio per la produzione dei gessetti da lavagna che occupa da circa dieci anni una quindicina di persone, quasi tutte non vedenti. Purtroppo questa attività è adesso un po' in crisi perché è diventato difficile vendere i gessi; anche per questo è indispensabile cercare nuove strade.

Assai più complessa è la situazione nella capitale. Lomé è una città di circa un milione di abitanti, molto estesa e con un'economia piuttosto incerta. Suor Delphine, che è stata la prima direttrice a Kekeli Neva, organizza diverse attività a sostegno dei numerosi disabili della città, soprattutto ciechi e poliomielitici.

Abbiamo visitato il laboratorio per la costruzione di lavagnette: trenta persone (una terzo ciechi e alcuni poliomielitici) preparano delle tavolette nere di compensato che verranno usate dai bambini dei villaggi per imparare a scrivere con i gessetti.

Altri ragazzi costruiscono dei tamtam (a loro abbiamo dedicato la nostra copertina), ma non è facile venderli perché sono destinati soprattutto ai turisti e in Togo un turismo vero non esiste.

Alcuni giovani hanno frequentato il corso di masso-fisioterapia e lavorano ora come massaggiatori presso i centri di cura. E' un'attività promettente e altri tre ragazzi inizieranno quest'anno la formazione.

Particolarmente interessante è infine l'attività musicale. I ragazzi di Kekeli Neva cantano molto bene (li abbiamo sentiti anche a Barbarano) e da quest'anno hanno cominciato anche a suonare strumenti europei formando una banda di trombe, tromboni, sassofoni… assai promettente. Sembra strano, ma in un paese povero come il Togo si può vivere di musica: la cultura locale assegna molta importanza ai maggiori eventi della vita che vanno festeggiati nel migliore dei modi.

Nonostante la brevità di questo viaggio ho potuto rendermi conto di molte cose. L’entusiasmo con cui le suore, sia a Togoville che a Lomè, progettano e realizzano nuove occasioni di integrazione per i ciechi e gli altri disabili è semplicemente meraviglioso. Le difficoltà però sono tante e soprattutto nella capitale la situazione, difficile per tutti, è drammatica per i non vedenti e le altre persone con handicap.

Da queste considerazioni è nata l’idea di realizzare un piccolo centro di supporto per i ragazzi ciechi della capitale (ne parliamo meglio qui sotto).

Era la prima volta che un rappresentante del Gruppo San Francesco si recava in Togo e la visita è stata importante anche dal punto di vista degli incontri e delle relazioni. Le suore della congregazione Notre Dame de l’Eglise, che proprio in questi giorni festeggiavano i cinquant’anni del loro ordine, hanno espresso la loro gratitudine al gruppo con una cerimonia speciale, a Noepé, il giorno della partenza. Il ricordo di Urbana è vivo più che mai in questo lontano paese.

Padre Fabio sta bene, è sereno e attivo. Anche lui è sempre vicino al nostro gruppo.

Flavio Fogarolo


Un centro per ciechi a Lomé

Comincia a concretizzarsi il progetto, sostenuto del nostro gruppo, per i ragazzi non vedenti che vivono nella capitale. Il nuovo centro sarà dedicato a Maman Urbana.

Lomè è la capitale del Togo. I togolesi sono in tutto circa quattro milioni e un milione abita proprio in questa grande città.
Finora tutte le più importanti iniziative per i ciechi sono state costruite in piccoli villaggi, come Togoville, dove tutto è più semplice ed economico.
Da diversi anni il nostro gruppo sostiene una decina di studenti universitari che vivono a Lomè. Vivono in alloggi in affitto, in condizioni molto misere, senza nessun servizio che li possa aiutare negli studi. Non grandi cose: una stanza per studiare, un registratore per risentire le lezioni, l’attrezzatura per avere qualche libro in braille. Il centro che vogliamo dovrà fornire almeno un alloggio decente e dei servizi di supporto per lo studio.
Poi ci sono i ragazzi che fanno musica: devono trovarsi per le prove ma anche avere un punto di incontro per raggiungere assieme le sedi dei concerti, ed eventualmente poter pernottare lì se ce n’è bisogno. Lomè è una città molto vasta e non esistono autobus; i trasporti sono quindi un problema per tutti, figuriamoci per i ciechi. Il nuovo centro dovrà rispondere anche a questi problemi.
Servirà inoltre per commerciare in città i prodotti agricoli delle aziende di ciechi che lavorano in campagna e per fornire, in generale, un punto di riferimento per l’integrazione sociale.
Come forse si ricorderà, il nostro gruppo ha accantonato nel 2000 una buona somma, in parte raccolta in occasione dei funerali di Urbana, per realizzare qualcosa di utile e significativo per i ragazzi ciechi che lei ha tanto amato. Questa ci è sembrata veramente una buona idea.
Non abbiamo i soldi per far tutto, ma intanto partiamo. A Lomè stanno cercando un terreno da acquistare, poi verrà steso un progetto da realizzare per stralci successivi in modo che alcune parti possano entrare in funzione subito. Poi… speriamo bene!
La nuova struttura si chiamerà “Centro dei Ciechi Maman Urbana”.
Pensiamo se lo sia meritato.


L’istituto Siloè in Benin

Mi era stato consigliata una visita alla scuola per ciechi di Djanglanmay. Siamo in Benin, ma l’istituto è quasi al confine con il Togo e la strada da fare quindi non è molta.
Ci accoglie con grande gentilezza la direttrice, suor Pascaline. Ragazzi se ne vedono pochi perché anche qui siamo in vacanza.
L’istituto Siloè è più piccolo di Kekeli Neva e il luogo è molto isolato. Ci sono le classi elementari ma non c’è la possibilità, come a Togoville, di frequentare le scuole medie all’esterno.
Hanno bisogno di tante cose: alcune ce le chiedono, altre le possiamo intuire. Non me la sento di fare promesse, ma penso che nei nostri prossimi container dovremo ricordarci anche di loro.


L’Istituto dei ciechi Kekeli Neva ha costruito quest’anno,
nel piccolo villaggio di Mome Hagou, un centro per
l’allevamento di polli che offrirà un lavoro dignitoso ad
una piccola comunità di ciechi adulti e alle loro famiglie.

«Un cieco può fare l’allevatore?»
«Niente di più facile» dice Segbe Kodjo

Il testo che segue ci è stato inviato direttamente da Suor Sophie, direttrice di Kekeli Neva.
Sono delle brevi interviste alle persone che lavorano nel nuovo allevamento di polli aperto dall’Istituto di Togoville per dare un’occupazione dignitosa ai ciechi adulti della zona.

Grazie all’impegno dei suoi benefattori, l’Istituto dei Ciechi di Togoville ha appena realizzato alcune nuove attività d’integrazione socio-economica, tra cui il centro di allevamento “Kekeli Neva” a Mome Hagou. Ne parliamo con le persone che vi lavorano.
Segbe Kodjo, non vedente, è il responsabile di questo centro.

Signor Kodjo, iniziate ora questa nuova attività di allevamento. Quali le vostre speranze?
Sono molto contento della nascita di questo centro d’allevamento e sono felice di poter farvi parte; spero che l’avvenire sia migliore per noi ciechi, che possiamo avere pace e gioia nella nostra vita. E’ il lavoro che fa l’uomo. Senza lavoro non si può nulla e non si è nulla.

Ma... un cieco può fare l’allevatore?
Non c’è niente di più facile del l’allevamento per un cieco perché anche le galline sono degli esseri viventi.
Al mattino andiamo a prendere l’acqua, laviamo gli abbeveratoi, li riempiamo. Poi diamo da mangiare alle galline.
I benefattori possono contare su di noi. Riponiamo la nostra fiducia in Dio che ringraziamo di questa grande meraviglia che ha fatto per noi. Io sono qui con mia moglie e i miei bambini e mi impegno a collaborare con tutto il mio gruppo per una buona riuscita di questo centro di allevamento. Voglio poter provare che tutto funziona e far sì che questa possibilità sia data anche agli altri miei fratelli non vedenti che aspettano un’occasione simile per la loro integrazione sociale ed economica.
Ringrazio Padre Fabio, le Suore di Notre Dame de l’Eglise e tutti i benefattori che si dedicano allo sviluppo dei ciechi, al loro integrarsi nella società attraverso il lavoro.
Cosi avremo tutti la possibilità di trovare da mangiare, di formare una famiglia e di ritrovare la nostra dignità, evitando di mendicare per tutta la vita.

Signora Kodjo è contenta di aver sposato un cieco?
Naturalmente sì, visto che ho liberamente scelto. Sono felice e contenta.

Quanti bambini avete?
Abbiamo cinque figli, tre maschi e due femmine. Non pensiamo di averne altri perché non si tratta solo di metterli al mondo…

Che lavoro fa?
Sono casalinga, mi occupo della casa e dei bambini ma vendo anche tutto ciò che serve alla preparazione dei prodotti davanti al mulino.

Signor Amessinou che cosa fa qui? (Anche il signor Amessinou è non vedente)
Sono qui per lavorare e per mantenere mio figlio.

Ha una moglie?
E’ una storia di cui non vorrei parlare. Vorrei semplicemente dire che la mia speranza sta nella buona riuscita e nello sviluppo del lavoro che abbiamo qui iniziato. Potete contare su di noi.

Signor Affoh, è contento di lavorare in questo centro?
(Il signor Affoh è il terzo non vedente)
Sono molto contento e conto di collaborare con questo gruppo per la buona riuscita delle attività.

Signor Agouvi, lei è il solo vedente e allevatore del gruppo. Ci parli delle sue esperienze.
Mi sono formato come allevatore all’OIC (Opportunity Industrialisation Center di Notsé Todomé) per due anni. Poi ho fatto esperienze di allevamento in centri con 150, 300 e fino a 700 galline, questo prima di una malattia che mi ha costretto al ricovero in ospedale.

Come pensa poter organizzare il lavoro di questi non vedenti nel centro?
Grazie a Dio le suore hanno voluto chiamarmi per l’allevamento in questo centro d’integrazione per ciechi che apprezzo molto. Prometto di lavorare con i non vedenti in franchezza e fiducia reciproca.

Interviste raccolte da Suor Sophie,direttrice di Kekeli Neva.


Per non mendicare mai più
Mome Hagou è un piccolissimo villaggio a una quindicina di chilometri a nord di Togoville.
Durante la mia visita di quest’estate le suore di Togoville mi hanno mostrato con orgoglio questa loro nuova iniziativa sorta per offrire lavoro e dignità ai ciechi della zona. 
C’erano ancora i muratori al lavoro ma le attività erano già iniziate. Un paio di stanze ospitavano provvisoriamente alcune centinaia di pulcini, pronti a passare nel grande capannone dell’allevamento appena ultimato.
Il piccolo edificio del mulino, aperto sulla strada, era pieno di gente: oltre che un buon reddito, questa iniziativa è fondamentale per scongiurare la minaccia, purtroppo sempre presente in Togo per i ciechi, dell’emarginazione sociale.
«Abbiamo acquistato anche il terreno adiacente»mi raccontano le suore con palese soddisfazione «e lì costruiremo un allevamento di maiali».
Poi mi parlano dei progetti per far arrivare la corrente elettrica in modo da poter azionare
delle pompe e attingere finalmente dal pozzo tutta l’acqua che serve.
Nel cortile interno, dentro una piccola costruzione, una specie di capitello, ci sono due manichini: uno rappresenta un cieco che chiede l’elemosina, l’altro uno che vive del proprio lavoro. Ci sono anche due scritte, dipinte su lastre di pietra, ma il significato è chiarissimo: “Basta mendicare!”. Penso: questo sarebbe piaciuto molto a Urbana.
Le iniziative non sono finite: l’istituto Kekeli Neva sta costruendo un secondo allevamento come questo, a una ventina di chilometri a nordest. Suor Sophie vorrebbe condurci anche lì ma da queste parti, con le strade che ci sono, venti chilometri sono un bel viaggio e ormai è tardi.
Sarà per la prossima volta.
f.f.


Una quindicina di studenti di Kampala possono continuare gli
studi grazie a questo nuovo impegno del Gruppo San Francesco.

Dall’Uganda un appello per gli orfani dell’AIDS:
«Aiutateli ad andare a scuola»

In Uganda se non si paga non si va a scuola, e questo vale anche per chi studia con passione ma ha la colpa di aver perso i genitori per l’AISD o per la guerra.
Un appello del missionario comboniano Padre Roberto Zordan che non poteva essere ignorato.

All'inizio di quest'anno Padre Roberto Zordan, missionario in Uganda, ha chiesto aiuto al nostro gruppo per alcuni ragazzi orfani che frequentano la scuola media e superiore San Kizito a Kampala.
In Uganda tutte le scuole sono private e gli studenti che non riescono a pagare la retta non vengono accettati. A causa dell'AIDS e della guerra, non è raro che dei ragazzi si trovino orfani e nell'impossibilità di pagare gli studi: per loro, purtroppo, improvvisamente a scuola non c'è più posto. Padre Roberto ci ha chiesto di aiutarlo a pagare le rette di alcuni di loro, particolarmente capaci e volenterosi.
Che fare? Siamo un piccolo gruppo. Siamo già molto impegnati con i ragazzi ciechi del Togo. Non possiamo farci carico di tutti i problemi dell'Africa… Insomma: qualche giustificazione per tirarci fuori da questo impegno avremmo potuto trovarla abbastanza facilmente, ma poi i primi a rimanere insoddisfatti saremmo stati noi.
Abbiamo quindi spedito, nel mese di aprile, la somma di 2600 euro, circa 5 milioni di lire, con i quali sono state pagate una quindicina di rette scolastiche annuali. Non abbiamo preso, per ora, impegni stabili ma di sicuro riusciremo ad aiutare questi ragazzi anche l'anno prossimo. E speriamo di farcela, con l'aiuto di tutti, anche in futuro.
Qualche mese fa padre Roberto ci ha inviato delle notizie dettagliate sugli studenti che abbiamo aiutato, con le loro lettere e le loro fotografie.
Con parole semplici questi ragazzi ci raccontano le loro storie, spesso drammatiche, intrise di violenza e abbandoni.

Lillian, 15 anni: ha perso i genitori per l'AIDS. È stata adottata da uno zio che l'ha mandata a scuola, ma senza pagare le tasse. E' stata quindi espulsa ma lei si impuntava ed entrava in classe lo stesso, infiltrandosi tra i compagni.

Leila e Hagar, due gemelle di 15 anni. Il padre abbandona la famiglia e tocca al fratello più grande mantenere tutti. Ma lui muore in un incidente. Quest'anno dovrebbero andare alle superiori e per poter continuare a studiare si mettono a lavare biancheria sporca per le altre famiglie ma, dice Hagar, con quei soldi riescono a malapena a coprire i costi del trasporto per raggiungere la scuola. Non possono pagare la retta e quindi rimangono a casa per tutto il primo quadrimestre.

Jude ha entrambi i genitori uccisi: è un ragazzo molto intelligente ma con l'animo distrutto dalla guerra.

Justine, 16 anni, con tutti e due i genitori morti di AIDS; è stata adottata da una zia ma anch'essa ora si è ammalata (sempre AIDS).

Jackline, 19 anni: il padre morto di AIDS e la madre è gravemente ammalata. Accudisce ai fratelli più piccoli, fa da infermiera alla madre e va a scuola. Spera di riuscire a concludere gli studi con un diploma professionale per poter poi aiutare il fratello più piccolo.

Poi Emmanuel, Francis, Frank… Tante storie diverse tra loro con in comune, oltre al precoce incontro con terribili avversità, una grande speranza nell'avvenire e fiducia nella scuola. Speranza e fiducia che dobbiamo aiutare a tenere in vita.


Carissimi del Gruppo San Francesco

Grazie a voi e a quanti si sono dati da fare per aiutare questa gioventù con gravi problemi alle spalle.
Forse qualcuno mi dirà che è così ovunque, che tutti hanno problemi, che non si possono risolvere tutte le situazioni disastrose del mondo.
Certamente è vero.
Ma anche il sole ogni mattina splende su ogni cosa per illuminarla con la sua luce e mai smette di offrire vita a chiunque e a qualunque cosa.
Vi abbraccio dall’Uganda che ancora cerca la via della pace.
Il Dio della Pace sia con voi ogni giorno.

Padre Roberto Zordan
14 ottobre 2002
Kampala (Uganda)


“Ero uno dei tanti mendicanti del mio villaggio”
Louis Lokou, studente dell’Istituto dei ciechi di Togoville, è arrivato per la prima volta a Kekeli Neva a undici anni. «Allora una luce si è accesa in me ed ho capito che non ero il più imbecille né l’ultimo dei figli degli uomini». Adesso vuole fare il giornalista.
Quando non sapevo leggere e scrivere e non conoscevo il Braille, ero uno dei tanti mendicanti del mio villaggio.
La mia vita era immersa nelle tenebre della miseria, della povertà estrema, della mancanza di istruzione e di cultura.
Ho scoperto tardi il braille perché tardi ho conosciuto il Centro Ragazzi Ciechi “Kekeli Neva” di Togoville. Avevo già 11 anni, età in cui molti bambini vedenti cominciano gli studi secondari.
Mi sono aggrappato subito a questa speranza ed ho seguito col massimo impegno il corso preparatorio al primo anno di scuola.
Che importa l’età! Da allora, una luce si è accesa in me ed ho capito che non ero il più imbecille né l’ultimo dei figli degli uomini, a dispetto della povertà dei miei genitori che mi obbligava a mendicare nella pubblica piazza.
Il mio accanimento e la mia costanza negli studi, senza mentirvi, sono stati notevoli. In tutta umiltà oggi posso dirvi che ho scoperto di essere intelligente.
Prima non lo sapevo. Il braille mi ha permesso di scoprirlo. I miei risultati scolastici me lo confermano costantemente. Sono sempre fra i primi cinque della classe.
Tutto ciò che vi scrivo in questo momento è per me molto importante.
Oggi frequento la scuola normale, come i giovani vedenti. Posso leggere e scrivere. Quando ascolto la radio, comprendo le notizie trasmesse nella mia lingua ma anche nelle altre lingue studiate a scuola. Conosco così le informazioni del mondo intero.
Grazie al braille sono uscito dall’ignoranza. Grazie al Centro di Togoville ho acquisito l’autonomia in tante cose e non ho più bisogno dell’aiuto costante di un vedente come un tempo. Ora posso comunicare con gli amici. E poi la cultura nel tempo e nello spazio mi è accessibile. Sono meno schiavo della cecità e ciò favorisce la mia integrazione nella società. Ho potuto fare un meraviglioso viaggio in Italia nell’anno del Giubileo.
Sì, il braille è proprio il tesoro dei ciechi, una perla preziosa, un mezzo insostituibile, strumento indispensabile di speranza per un avvenire felice, possibile per i ciechi di ogni dove.
.Lokou Kokou Louis - Togoville


La vocazione missionaria di Urbana: una sfida sempre viva
I suoi sogni si sono realizzati e continuano a vivere nell’opera di tutti coloro che vogliono immaginare con lei
Rileggendo il capitolo dedicato al Kekeli Neva facente parte delle Conversazioni Autobiografiche di Urbana Carezzoli dal titolo Acqua marina, riflettevo sulle parole di Urbana. Avendo sentito parlare di una scuola per bambini non vedenti attraverso un’emissione radiofonica Urbana pensò immediatamente a quelli che erano stati i suoi disagi personali nell’affrontare la difficile vita di un non vedente, ancora più complessa nel suo caso viste le ulteriori conseguenze della sua malattia.
Certo l’aggravante di essere un non vedente nel terzo mondo è evidente; non ci sono nella maggior parte dei casi né strutture né aiuti esterni e molto spesso i ragazzi menomati nella vista risultano un peso per la famiglia in quanto con i mezzi esistenti nella maggior parte dei paesi non possono evolvere e non possono diventare un aiuto per la famiglia stessa che a volte li abbandona obbligandoli a sopravvivere attraverso l’accattonaggio.
Ciò che colpisce nelle affermazioni di Urbana, sempre così appassionate e vive, è il desiderio, quasi sfidante di poter dimostrare attraverso l’iniziativa da lei intrapresa, che i non vedenti, qualsiasi sia il paese di provenienza possono ottenere dei risultati pari e anche migliori dei vedenti (cito le sue parole) in presenza di opportunità adeguate. Realtà che a noi sembra oggi scontata, legata all’individuo più che al gruppo di classificazione, ma che ci fa riflettere sul senso di inadeguatezza che Urbana come altre persone nella stessa situazione, potrebbero aver sentito probabilmente anche a causa di atteggiamenti, magari involontari delle persone che li circondano.
Con quanto orgoglio parla dei risultati scolastici e musicali ottenuti da questi ragazzi, pur senza mai cadere nell’autocompiacimento di chi aiuta per sé più che per gli altri.
È l’orgoglio di chi ha lottato per ottenere dei risultati difficili ed è la passione di chi sente di dover trasmettere agli altri le opportunità per fare lo stesso. Urbana parla della cultura come luce, questo mi trasmette l’immagine di una stanza buia dove una porta che si apre all’improvviso lascia entrare lo spiraglio che ci permette di trovare l’uscita, ma anche il sollievo di una situazione di difficoltà della quale non si vedeva soluzione.
Credo che l’invito sia proprio questo: quello di immaginare, direi di più di visualizzare questi ragazzi nelle attività di tutti i giorni, mettendo a fuoco la scuola, le aule con i banchi, il coro che tanto successo riscuote nelle varie tournée locali, le attività anche lavorative che cominciano sempre più a svilupparsi attorno alla realtà dell’istituto, creando così opportunità di lavoro a seguire gli studi scolastici.
Così facendo le distanze sembrano ravvicinarsi e il desiderio di essere in qualche modo collaboratori di questo loro quotidiano si fa più forte. Noi spesso non abbiamo tempo di immaginare, troppo presi dai mille impegni di cui ci riempiamo la giornata, ci sembra tempo perso sognare ad occhi aperti.
Chissà se Urbana pensava allo sviluppo straordinario, sicuramente anche provvidenziale della sua iniziativa, chissà se si era raffigurata quella realtà per lei solo fisicamente irraggiungibile, chissà come intendeva nella sua immaginazione questo transito copioso di strumenti, anche i più disparati che puntualmente ogni anno riescono ad attraversare l’oceano per giungere fino ai ragazzi del Kekeli Neva.
Certo è che le sue proiezioni, i suoi sogni si sono realizzati con impressionante forza e continuano a vivere e a concretizzarsi nell’opera e negli aiuti di tutti coloro che vogliono immaginare con lei.
Stefania Pedersini 


Urbana Carezzoli

È nata a Barbarano nel 1930, da una famiglia poverissima.
Diventata cieca all’età di sette anni, ha trascorso tutta l’infanzia e la giovinezza in vari istituti specializzati conseguendo il diploma di magistero di pianoforte.
In seguito, a causa di altre gravi malattie, ha cominciato a peregrinare da un ospedale all’altro, perdendo sempre più le forze e l’autonomia, fino ad essere costretta a trascorrere stabilmente a letto gli ultimi 40 anni della sua esistenza.
Quando ha sentito parlare di Kekeli Neva e dei bisogni di questi ragazzi ciechi, si è data da fare per raccogliere gli aiuti necessari per il suo funzionamento. Ha fondato così un gruppo, dapprima spontaneo e poi, nel 1998, formalizzato in una associazione ONLUS: il gruppo San Francesco d’Assisi.
Urbana ha scritto, a partire dal 1992, otto volumi di poesie, riscotendo ampi consensi di critica e diversi premi. Anche la sua attività letteraria è servita, e serve ancora, a sostenere Kekeli Neva.
Ci ha lasciati alle prime ore del 22 luglio 2000, al termine di una crisi cardiaca più intensa e dolorosa delle solite.

Acqua Marina
Nel 2001 il Gruppo San Francesco ha pubblicato il libro “Acqua Marina”: è la vita di Urbana raccontata da lei stessa alcuni anni fa in una serie di interviste radiofoniche.
Il titolo prende spunto da una delle frequenti affermazioni di Urbana: «La vita, come l’acqua del mare, diventa dolce elevandosi al cielo».
“Acqua Marina” è stato letto da molte persone e apprezzato sia da chi ha conosciuto Urbana in vita sia da chi è entrato in contatto con lei la prima volta leggendo queste pagine.
Può essere richiesto al Gruppo San Francesco . È stato stampato anche in braille e a caratteri ingranditi per chi ha problemi di vista.

 

Dedicato a
Maman Urbana Carezzoli
e a tutti i membri del Gruppo San Francesco d’Assisi di Barbarano

Unita a Dio nella mia vita, sarò unita a lui anche nella morte perché né la morte né la vita potranno mai separarmi dall’amore di Cristo.

Nulla arresterà la giustizia di Dio nei nostri confronti come la misericordia che abbiamo per gli altri, soprattutto per i più poveri.
Nulla di più prezioso dell’unione di spirito e di cuore nella ricerca di uno stesso ideale di carità: progettare assieme la strada da percorrere, darsi la mano quando si incontrano delle difficoltà, lavorare e portare a termine assieme l’opera iniziata.
Ecco il cemento che resisterà a tutte le spinte distruttive.

Bontà, fede, speranza, coraggio, pace, pazienza, resistenza, generosità, sacrifici, dono di sé, benevolenza, longanimità, gioia, giustizia, comprensione, umiltà… sono per me l’espressione concreta d’una carità attiva ed efficace che può rafforzarmi nell’imitazione del cammino della croce al seguito di mio Signore Gesù Cristo e della Madonna dei sette dolori.

Amico, è necessario credere, perché gli uomini senza fede sono come alberi senza foglie. Bisogna credere che condividendo con coloro che hanno fame e freddo noi potremo guarire il male e la miseria in questo mondo che avremo costruito..
È necessario credere, amico, che le nostre forze unite faranno splendere il sole nella notte per dare a tutti il Cristo della speranza in questo mondo che avremo costruito.

Non generare inquietudine nel cuore del prossimo è un segno di grande bontà.
In tutti gli essere umani ci sono delle ombre e delle luci.
Perché il nostro sguardo si sofferma sempre sulle ombre dimenticando le luci?
La gentilezza è il fiore più fine della carità; la rende più umile, più rasserenante e più penetrante.

Amico, credo alla necessità del riposo e del rilassamento.
Se si tira troppo, la corda si spezza.
Se si guarda troppo lo stesso orizzonte si
finisce per vederlo sfuocato, come attraverso
un velo… quello dell’abitudine.
La nostra Maman Urbana si riposa vicino a Dio.

E così, poetessa, artista com’era, noi riassumiamo la sua vita in una poesia.

Felice chi ama fare delle poesie: leggere, scrivere, ascoltare, compatire, consolare, disegnare, cantare, fischiare, cacciare, cucire o più prosaicamente guardare le vetrine, collezionare francobolli, cartoline o scatole di fiammiferi.
Felice chi vive sempre nella meraviglia, nell’azione della grazia.

E Dio vide tutto ciò che aveva fatto, ed era molto buono.

Suor Sophie Deogratias– Togoville

Suor Sophie Deogratias Kopzo, direttrice dell’Istituto dei Ciechi Kekeli Neva di Togoville, è stata in Italia lo scorso mese di settembre per un corso di formazione a Padova.
Domenica 29 è venuta a Barbarano e ha trascorso una giornata con il Gruppo San Francesco.
Non poteva mancare una visita alla casa di Urbana e alla sua tomba.
Suor Sophie non ha mai conosciuto Urbana di persona ma conserva un ricordo molto vivo delle sue lettere, delle telefonate e, soprattutto del conforto e dell’attenzione costante che lei, immobile e così lontana, garantiva all’istituto Kekeli Neva.
Per questo la visita a Barbarano, in particolare la sosta presso la sua camera vuota, è stata particolarmente intensa.
Tornata in Togo suor Sophie ci ha spedito questa dedica da lasciare sul letto di Urbana e da far conoscere soprattutto a chi le è stato vicino e sostiene ancora oggi i suoi progetti di solidarietà.

Il Gruppo San Francesco d’Assisi

Chi siamo
Il Gruppo San Francesco di Assisi è un’associazione di volontariato, fondata da Urbana Carezzoli, che dal 1992 raccoglie fondi e materiali per la scuola per ragazzi ciechi “Institut des Aveugles de Togoville” nel Togo e per altre iniziative umanitarie di questa regione africana, soprattutto a favore dei ciechi e di altri disabili.
Si finanzia soprattutto attraverso la libera contribuzione dei soci e dei sostenitori.

La scuola per i ciechi di Togoville
L’istituto per Ciechi di Togoville è sorto nel 1984 su iniziativa dei Padri Comboniani, in particolare di p. Fabio Gilli che, dopo aver perso la vista, ha voluto tornare nei luoghi dove prima operava.
La scuola è affidata alle suore togolesi della congregazione di Notre Dame de l’Eglise, ed è interamente gestita da operatori locali.
In pochi anni gli alunni sono passati da una ventina a circa novanta.
Dopo la scuola di base i ragazzi possono frequentare una scuola superiore esterna oppure seguire dei corsi di tipo professionale. La scuola non riceve contributi pubblici e solo una minima parte delle famiglie può versare una retta per la frequenza.
Accanto alla scuola l’istituto ha realizzato numerose iniziative di promozione sociale ed economica grazie alle quali attualmente sono diverse decine i ciechi adulti che vivono decorosamente del loro lavoro.

Quello che abbiamo fatto nel 2002
Abbiamo inviato alla scuola la somma di 24.300 euro (circa 47 milioni di lire) onorando anche quest’anno l’impegno che il nostro gruppo ha assunto fin dall’anno 1992.
Inoltre abbiamo messo a disposizione di Padre Fabio Gilli 6.200 euro (circa 12 milioni di lire) per gli studenti universitari ciechi di Lomé, per altri adulti non vedenti in difficoltà e in generale per le esigenze della missione.
Abbiamo sostenuto le spese scolastiche di una quindicina di studenti orfani di Kampala (Uganda) versando a Padre Roberto Zordan 2.600 euro (5 milioni di lire).
Abbiamo spedito in Togo due container carichi di aiuti umanitari di vario tipo.

Carissimi amici

Che la luce di Betlemme porti a tutti la Pace, quella Pace che viene dall’amore misericordioso di Dio verso ognuno di noi.
Non dubitiamo mai del suo amore, non diciamo mai che Dio ci ha abbandonati.
Sarebbe il torto più grande che possiamo fargli.
Il Padre che ci ama vuole tutti salvi e non manda nessuno all’inferno.
Non sono un missionario per portare in giro le nostre tristezze, paure o angosce, ma desidero e chiedo sempre al Signore di portare a tutti la Pace e la Gioia.
Così trovo il gusto di vivere anche se sono cieco, trovo il gusto di continuare ad essere missionario e gridare sulle strade del mondo: “Gesù Cristo è risorto dai morti per non più morire”.
Padre Fabio Gilli
Lomè, Natale 2002

Gruppo San Francesco d'Assisi
Associazione di solidarietà sociale - ONLUS
Via Salvi, 13 - 36021 Barbarano Vic. (Vicenza) Tel. e fax 0444 / 886382
C.C. Postale n. 18 88 33 55 intestato a “Gruppo S. Francesco d’Assisi”
C.C. Bancario n. 6701 Banca Popolare di Vicenza - Agenzia di Ponte di Barbarano (VI)
(ABI 05728 CAB 60150 CC 6701)
Il Gruppo San Francesco d’Assisi è iscritto al registro ONLUS del Veneto. Le offerte versate per posta o banca possono essere detratte dalla denuncia dei redditi.
wpeE.jpg (1003 byte) home wpeE.jpg (1003 byte) inizio pagina