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In
questo numero:
Ai lettori
Qualche numero, per
conoscerci meglio
Tre
nuovi piccoli progetti a favore dei ciechi di Lomé
Quello
che qui non serve a nessuno, in Africa può cambiare la vita di una
famiglia
Lotteria 2003 -
11.200 volte GRAZIE!!!
Mi chiamo
Adrokou Isodore
La
lettera di tre fratelli ciechi di Togoville
Amevi, che va a scuola
strisciando
Il
racconto di Christine
Continua
il nostro sostegno agli studenti ugandesi
Due casette per
famiglie senzatetto in India
Iolanda
Mazzali è socia benemerita del Gruppo San Francesco d'Assisi
È
partito da Villaga un intero container di aiuti per il Togo
I libri di Urbana
In
coro per Kekeli Neva
Un
lungo canto di solidarietà
Il
Gruppo San Francesco di Assisi
|
Gruppo San Francesco d'Assisi ONLUS
Associazione di solidarietà per i ragazzi
ciechi del Togo |
|
Bollettino del "Gruppo
San Francesco d'Assisi" - Barbarano Vicentino
(VI) gennaio 2004
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"La cecità non ci deve mai togliere la
speranza.
Con il vostro aiuto la Luce viene, tutti i giorni"
"Kekeli Neva" in lingua ewè significa
"Venga la luce". "Kekeli Neva" è il nome della scuola
per ragazzi ciechi di Togoville, nel Togo meridionale, che il Gruppo San
Francesco sostiene da dodici anni con un'adozione a distanza collettiva.
"Kekeli Neva" è l'augurio che facciamo a tutti voi.
A tre anni della scomparsa della sua fondatrice, la
nostra carissima e sempre presente Urbana Carezzoli, il Gruppo San
Francesco può considerare conclusa la fase di trasformazione che
necessariamente ha dovuto sostenere dopo la sua morte: da iniziativa
spontanea, quasi interamente basata sui suoi intensi rapporti individuali
e sul suo carisma, a gruppo gestito collegialmente da persone "normali".
Una trasformazione non facile e per nulla scontata, il cui successo nasce
innanzitutto dalla qualità del lavoro svolto da Urbana, soprattutto dalla
sua capacità di creare un sodalizio basato sull'autentico desiderio di
donare e non solo su rapporti di stima e d'amicizia. Fondamentale è stata
la generosità e la fiducia dei primi sostenitori che hanno rinnovato
praticamente tutti il loro impegno per Kekeli Neva.
In questi anni nuove persone si sono aggiunte al gruppo. Molte di loro
quali non hanno mai conosciuto Urbana e la loro adesione è stata davvero
fondamentale non solo per compensare le inevitabili, per fortuna poche,
defezioni ma soprattutto per dare "vita", senso di crescita e di
solidità nel tempo, ai nostri progetti. Il Gruppo San Francesco ha potuto
ancora, in questi tre anni, mantenere gli impegni che Urbana si era
assunta con la scuola di Togoville e con Padre Fabio e garantire quindi la
continuità di quello che già è stato realizzato per offrire dignità e
speranza, innanzitutto attraverso l'istruzione, ai ragazzi ciechi di
quella povera zona dell'Africa. Il nostro gruppo non ha mai posto nessuna
"prima pietra" e non ha mai avuto nulla da inaugurare.
Sosteniamo con tenacia progetti che altri hanno attivato (e la nostra
riconoscenza va prima di tutto al comboniano cieco Padre Fabio Gilli)
convinti che queste iniziative basate sull'educazione e la lotta ai
pregiudizi, senza nessun ritorno economico, vivano grazie all'impegno e
alla costanza di chi continua a crederci, anno dopo anno, sia qui in
Italia che laggiù in Togo.
I problemi non mancano, a cominciare dal calo consistente (circa il 10%)
delle offerte del 2003 rispetto all'anno precedente. Speriamo si tratti di
una flessione provvisoria: i conti del 2002 sono stati positivi e, entro
certi limiti, un arretramento era forse inevitabile. Purché, ovviamente,
non sia l'inizio della discesa…
Noi teniamo duro. Cerchiamo anche di rispondere, entro le nostre
possibilità, a richieste nuove che ci arrivano. Ve ne parliamo in questo
giornalino "Amici di Togoville" con il quale fin dal '92
vogliamo ogni anno informare chi ci aiuta su quello che è stato fatto e
sui tanti bisogni che rimangono, purtroppo, ancora disattesi.
Alcune nuove esigenze siamo riusciti a soddisfarle con poche spese (vedi
ad esempio i microprogetti di pagina 3) o addirittura praticamente a costo
zero (vedi il caso del ragazzino che va a scuola strisciando, a pagina 6).
Altre sono più impegnative ma qualcosa riusciamo a fare lo stesso: a
pagina 7 vi raccontiamo delle iniziative in Uganda e in India.
Ad altre richieste dobbiamo dire di no, anche se appaiono ragionevoli e
ben documentate, e ce ne dispiace.
Non abbiamo la pretesa di risolvere tutti i problemi dell'Africa, ma di
sicuro qualche cosa di più si può cercare di fare.
Flavio Fogarolo
presidente del Gruppo San Francesco d'Assisi
Il Gruppo San Francesco è una piccola associazione
di volontariato e non ha quindi grandi numeri da mostrare. Piccoli o
grandi che siano ci sembra giusto parlarne perché sulla chiarezza si
fonda la fiducia di cui abbiamo assoluto bisogno per continuare ad operare.
Mentre scriviamo queste righe l'anno si è appena concluso e il bilancio
ufficiale 2003 non è ancora disponibile. Questi dati sono quindi solo
indicativi.
Entrate
Il Gruppo ha potuto contare nel 2003 su circa 45.000 euro. In grande
maggioranza (72%) derivano da contributi diretti dei soci e dei
sostenitori. Importante è anche l'apporto della lotteria (23%) e delle
offerte raccolte durante i quattro concerti di beneficenza (5%).
Uscite
L'Istituto dei ciechi di Togoville, per il quale la nostra associazione è
stata fondata, è naturalmente sempre al primo posto dei nostri impegni.
Circa il 60% delle uscite vanno direttamente, con rimesse dirette in
denaro, a Kekeli Neva. Altri impegni importanti sono per P. Fabio Gilli e
le sue attività a favore dei ciechi di Lomé-Togo (19%) e per gli
studenti di P. Roberto Zordan in Uganda (7%). Quest'anno abbiamo sostenuto
anche la costruzione di due casette in India (6%). Abbiamo infine altri
impegni minori, ma complessivamente non meno importanti: i piccoli
progetti e la spedizione del container (8%). Le spese di funzionamento
costituiscono circa il 4% del totale. Si tratta di francobolli, spese di
tipografia, tenuta dei conti in banca e in posta e delle poche spese vive
della lotteria. La gestione del Gruppo si basa rigorosamente sul
volontariato.
Nel 2003 il Gruppo San Francesco ha finanziato tre
piccoli progetti individuali, basati sul prestito, a favore di altrettanti
ciechi adulti che vivono nella capitale del Togo, Lomé. È un'operazione
che ha lo scopo di consentire l'avvio di piccole attività di impresa in
modo da aiutare a rendere le persone abbastanza autonome dal punto di
vista economico.
Da segnalare in modo particolare il progetto di Marius Bocco, un giovane
affetto da retinite pigmentosa (la stessa malattia che ha colpito Padre
Fabio) che sta perdendo completamente la vista. Laureato in legge,
lavorava presso uno studio legale dal quale però è stato licenziato per
i suoi problemi agli occhi.
Marius, originario di un villaggio vicino a Togoville, aveva frequentato
le scuole superiori nello stesso istituto che ospita i ragazzi ciechi di
Kekeli Neva e aveva così sentito parlare di Urbana e della sua
associazione. Di sua iniziativa si è così rivolto a noi chiedendo aiuto
per finanziare il suo progetto: aprire una rivendita di petrolio per
illuminazione.
In Togo le abitazioni senza energia elettrica sono molte per cui è assai
diffuso il commercio di questo tipo di carburante. Si trattava in pratica
di una richiesta di prestito per l'acquisto della prima fornitura
all'ingrosso poiché la cisterna sarebbe stata fornita in comodato d'uso
dalla compagnia petrolifera.
Essendo una richiesta arrivata direttamente, senza intermediari, abbiamo
avuto bisogno di un po' di tempo per prendere delle informazioni.
Abbiamo coinvolto P. Fabio e il centro di Suor Delphine, e il
finanziamento è partito. Da alcuni mesi Marius sta già vendendo petrolio
a Lomé.
Altri progetti più semplici sono stati presentati direttamente da padre
Fabio: si tratta di un modesto prestito a due ciechi che vogliono
cominciare un'attività di commercio di vestiti usati.
Anche nel 2003 abbiamo spedito in Togo un container
di aiuti di vario tipo; attualmente sta partendo quello caricato dal
Gruppo di Villaga per Padre Giovanni (vedi pagina 9), poi caricheremo
quello per Togoville. Da alcuni anni ci siamo attrezzati con un magazzino
per poter raccogliere il materiale che riusciamo a recuperare, in attesa
della spedizione, in qualsiasi momento dell'anno. Molte cose che da noi
sono inutili e ingombranti in Africa diventano preziose, soprattutto se si
tratta di strumenti di lavoro (ad esempio macchine da cucire, da
falegnameria o carpenteria, attrezzi agricoli…) o semplici mezzi di
trasporto (biciclette, motocicli…). È importante che siano oggetti
funzionanti e di semplice manutenzione. Sempre preziosi sono vestiti (leggeri),
scarpe, medicine e prodotti di medicazione (garze, cerotti, disinfettanti,
siringhe…), materiale didattico sia generico che specifico per ciechi.
Si è conclusa con grande successo la lotteria di
beneficenza di quest'anno. È una bella soddisfazione: 11.200 biglietti
venduti sono davvero tanti per una piccola associazione come la nostra e
per una lotteria che offre premi che non cambiano la vita a nessuno. Un
grande grazie, soprattutto, a tutti quelli che ci hanno aiutato vendendo i
biglietti e offrendo i premi in palio, nonché alla Parrocchia di
Barbarano che ci ha fornito l'abituale appoggio. La nostra lotteria è una
potente macchina di solidarietà che Urbana ha costruito con anni di
paziente lavoro e di entusiasmo. Una macchina che, come si vede, funziona
ancora alla grande; come altre cose che lei ci ha lasciato, del resto. Non
a caso il record della nostra lotteria appartiene ancora all'era Urbana:
nel 1999 furono venduti ben 11.400 biglietti a 2000 lire ciascuno. Ma
l'anno prossimo tenteremo il sorpasso...
Un allievo di Kekeli Neva ci racconta la sua
storia.
Isodore ha circa 20 anni e oggi studia a Kekeli
Neva. In queste righe ci racconta la sua storia di ragazzo cieco di
villaggio destinato, apparentemente senza scampo, alla miseria e alla
emarginazione, vittima prima di tutto dei pregiudizi della sua gente. Egli
si è aggrappato con tutte le sue forze alle opportunità offerte dalla
scuola e la sua vita oggi gli offre qualche speranza in più. Isodore è
nato in Benin, il paese confinante con il Togo, e ha frequentato le scuole
elementari nel piccolo istituto Siloè di Djamglanmé; in seguito è stato
accolto a Togoville per poter continuare gli studi presso la scuola
superiore. Da quest'anno il Gruppo San Francesco sosterrà economicamente
anche la scuola del Benin, pur se in modo meno impegnativo rispetto a
Kekeli Neva.
Mi chiamo Adrokou Isodore, figlio di Oke Victor
Adrokou, mio padre, e di Hounsiabe Dhenon, mia madre. Sono venuto al mondo
in una famiglia modesta e pagana in un piccolo villaggio Beninese chiamato
Djibio. Vittima della cecità sono cresciuto all'ombra dei miei genitori.
Mio padre considerava questa situazione come motivo di disonore per la sua
persona e mi impediva di uscire liberamente. Secondo i miei genitori non
c'erano speranze per il mio futuro poiché il mio handicap mi avrebbe
impedito qualsiasi cosa. Uscivo solo per andare nei campi con loro.
Visitare un amico, che abitava poco lontano dal mio villaggio, era
possibile solo in assenza di mio padre e sapendo di disobbedirgli. Per
frequentare il catechismo dovevo affrontare delle vere battaglie.
A Djibio il catechismo iniziava tutte le sere a partire dalle 19 e durava
fino alle 21. La campana che chiamava l'assemblea dei catecumeni faceva
sentire alle 17 il primo colpo, alle 18 il secondo e infine alle 19 il
terzo e ultimo. Non appena sentivo il primo colpo di campana andavo a
rifugiarmi presso il mio amico che poi mi aiutava a raggiungere la
missione cattolica, di nascosto da mio padre. Ma al ritorno ero sottoposto
alla pressione famigliare. Avevo le stesse difficoltà anche per riuscire
a partecipare alla Messa domenicale.
Fu in questo periodo infelice che incontrai una futura religiosa della
Congregazione delle Figlie della Carità del Sacro Cuore, Cathérine
Soukpo. Fu lei la prima a parlarmi del centro Siloé per l'educazione dei
non vedenti di Djamglanmé. L'affetto che lei provava per me la spinse a
tentare l'impossibile: andare a parlare con mio padre. Ma mio padre
comprese e si pentì di avermi trattenuto così tanto fra quattro mura.
Da quel momento non ebbi più problemi a spostarmi e così trovammo una
soluzione per quella situazione disastrosa. Il giorno che partii per
Djamglanmé, i cristiani di Djibio fecero la "vendita di carità",
una sorta di questua per aiutarmi ad affrontare questa nuova vita. Mio
padre offrì qualche noce di cocco della sua coltivazione. Fui affidato a
Suor Maria Agbovon, direttrice del centro nella comunità religiosa a
Comé, e il giorno successivo partii con lei per Siloé.
La vita nel centro Siloé mi rimarrà sempre nella memoria. Gli allievi
accolsero la Suora Direttrice con un semplice "benvenuta" e
questo mi colpì molto. Non appena fu detto loro della presenza di un
nuovo arrivato, cercarono di prendere contatto con me. Mi sentii sfiorare
da una moltitudine di dita, mi resi conto che ero in una famiglia dove si
convertiva facilmente la vista con il tatto.
Nell'istituto il francese era obbligatorio, si poteva parlare solo questa
lingua coloniale. Questo mi intimidiva, non avevo la minima occasione per
esprimermi. Era una situazione molto triste, piangevo spesso soprattutto
quando ripensavo al mio villaggio e ai miei amici. Arrivai persino a
fuggire dall'Istituto. Presi il tragitto dal quale mi avevano condotto in
auto e mi sarei perso se una delle istitutrici non mi avesse visto. Mi
riportò al centro e mi punì. La Suora Direttrice mi vietò formalmente
di piangere e di rimanere in disparte dagli altri. Ho vissuto questo
calvario sino al momento in cui non fui abbastanza sicuro in francese, da
poter formulare delle frasi.
Lo studio del Braille era allora l'oggetto secondario della mia formazione
dopo il francese. Imparai a scrivere e a leggere le lettere. Ero ambizioso
e desideravo fare come i più grandi che potevano leggere nel corso delle
celebrazioni eucaristiche alle quali la Suora Direttrice ci accompagnava
al di fuori dell'Istituto.
Grazie al Braille ho potuto trovare una via d'uscita alla disperazione
nella quale mi avrebbe sprofondato il mio handicap. Grazie a questa
tecnica di scrittura, luce che illumina il mondo dei non vedenti, mi sento
considerato socialmente.
A Djamglanmé conseguii il diploma di scuola primaria e, due anni dopo,
entrai nell'Istituto dei Ciechi Kekeli Neva di Togoville. Era il 28
ottobre 1996. Al centro Kekeli Neva mi hanno insegnato a scrivere a
macchina i compiti affinché potessero essere corretti dai nostri
insegnanti vedenti. L'eccellente corale, "La Voce degli Angeli",
mi appassionò e fui molto felice di poterne fare parte. Qualche tempo
dopo ebbi occasione di parlare con mio padre del periodo della mia assenza
da casa.
Egli mi raccontò dei pregiudizi della gente del villaggio a proposito
della mia partenza per Djanglanmé. Dicevano: "La gente sa bene come
accettare la povertà! Si sono liberati dell'infermo della famiglia per
potersi arricchire e pensare agli altri figli". Mia madre a queste
parole si arrabbiava ma non poteva sfogarsi che attraverso il pianto. Il
mio arrivo la consolò e rincuorò molto.
Certamente ora dovrò convincere gli abitanti del mio villaggio e demolire
in loro il pregiudizio. Ho molta fiducia nell'avvenire anche se la sua
attesa mi sembrerà simile a quella della donna che cercava di dissetarsi
al pozzo di Giacobbe.
Adrokou Isodore - Togoville
Siamo tre fratelli di nazionalità Togolese, nati
dallo stesso padre e dalla stessa madre. Nati tutti e tre ciechi siamo
parte di una famiglia povera e con mezzi insufficienti. In tutto siamo in
sette fratelli, due ragazze e cinque ragazzi, e di questi tre sono ciechi,
e sono appunto coloro che vi scrivono. Matteo il quinto, Gasimir il sesto
e Norbert il settimo. A causa della nostra cecità i nostri genitori
vivono nella disperazione e nella preoccupazione per il nostro avvenire.
Anche noi sentiamo questo disagio soprattutto in quanto temiamo di essere
inutili per la nostra famiglia e per la società. Tra il 1992 e il 1996
per grazia divina siamo stati ammessi all'Istituto dei Ciechi di Togoville
dove ci hanno insegnato la scrittura Braille. Ci hanno fatto conoscere Dio
il Creatore e come bisogna vivere in una società, ci è stata insegnata
cioè l'educazione morale, civile, religiosa e intellettuale. Grazie a
questa scrittura Braille, siamo oggi in grado di comunicare con chiunque
in qualsiasi parte del mondo. Grazie a questa scrittura abbiamo la
possibilità di esprimerci in francese come gli altri. Inoltre abbiamo
imparato a dattilografare e per tale motivo possiamo trascrivere i nostri
compiti di scuola e la nostra corrispondenza in maniera comprensibile per
tutti. Grazie a questo anche noi possiamo considerarci tra i ragazzi
istruiti. Quando siamo dentro all'istituto abbiamo la tendenza ad ignorare
i limiti del nostro handicap, perché qui i ciechi si esprimono in
francese, leggono e cantano in maniera formidabile, tutto questo con molta
allegria. L'istituto è un centro cattolico e mette sempre l'accento
sull'educazione religiosa. Per questo siamo stati battezzati e cresimati.
Tutto ciò ha convinto i nostri genitori che la nostra cecità non è la
manifestazione di una punizione divina ma una maniera in cui la Gloria
Divina si manifesta. Quanto a noi, ci sentiamo consolati e rassicurati
rispetto ad un futuro in questo modo meno incerto. Desideriamo diventare
dei giornalisti, dei segretari, degli insegnanti, dei centralinisti oppure,
perché no, degli allevatori. Invitiamo le persone che ci leggono in
questo momento a ricordarsi sempre del Centro Kekeli Neva che potrà così
aiutarci a realizzare i nostri sogni. La cecità è molto difficile da
vivere nel mondo odierno, ma tutti coloro che hanno fiducia in Dio trovano
la meraviglia nella loro vita. Matteo, Gasimir e Norbert - Togoville
Amevi, che va a scuola
strisciando
Dal Togo una richiesta d'aiuto per un ragazzino con
handicap motorio che chiede di poter studiare
Amevi ha 13 anni e vive a Vogan, una popolosa
cittadina vicino a Togoville. È un ragazzino intelligente ma con una
minorazione motoria che gli impedisce di camminare. La sorella maggiore
Christine, cieca, si è rivolta direttamente a noi per chiedere un aiuto
per il fratellino. Lei ha studiato a Kekeli Neva ed ora gestisce una
"cabina telefonica", ossia un posto telefonico pubblico che è
stato aperto per lei dall'istituto affinché possa vivere in modo autonomo
e decoroso. Amevi è bravo a scuola. Scrive con fatica ma con bella
calligrafia, serrando la penna con entrambe le mani. Ma la prima urgenza
è proprio quella di consentirgli di raggiungere la scuola del villaggio.
Fino a poco tempo fa, quando era più piccolo, veniva portato a cavalcioni
senza problemi da qualche ragazzo più grande, ma ora questo è
impossibile e Amevi raggiunge tutti i giorni la scuola, distante circa un
chilometro dalla sua casa, nell'unico modo che gli è consentito:
strisciando per terra. Ma la cosa che gli dispiace maggiormente è che
ogni venerdì, giorno di mercato a Vogan, deve rimanere a casa perché
altrimenti verrebbe calpestato dalla folla che si riversa sulle strade. È
già successo alcune volte e alla fine ha dovuto arrendersi. Ma c'è un
altro problema che assilla la sorella Christine. Amevi sta finendo il
ciclo di scuola primaria (simile alle nostre elementari e medie) e tra
poco dovrebbe passare al collegio (le superiori), ma in Togo tutte le
scuole sono a pagamento e nessuno può pagare la retta per lui. Il padre,
alcolizzato, non dà più nessun sostegno in casa e la cabina telefonica
basta a fatica per la sua sopravivenza. Dopo aver preso alcune
informazione e verificate le notizie, il Gruppo San Francesco si è
attivato per risolvere il problema. Una famiglia di Barbarano ci ha donato
una robusta bicicletta a tre ruote che dovrebbe andar bene per Amevi e
anche, non è un particolare da sottovalutare, per le strade dissestate
che dovrà percorrere. Partirà per il Togo con il container di gennaio.
Anche i problemi economici dovrebbero essere risolti. Un'altra famiglia si
è offerta di sostenere le spese di istruzione di Amevi garantendo una
quota annuale che è già stata verificata e concordata. In pratica la
nostra associazione ha svolto in questo caso solo un ruolo di mediazione,
avviando a soluzione il problema senza nessun costo diretto. L'immagine di
questo ragazzino che cerca di raggiungere la scuola steso per terra,
facendosi largo tra la folla del mercato, ci è rimasta davvero impressa.
Sappiamo che il problema dell'handicap in Africa è gravissimo, che
interessa milioni di persone e che non potremo risolverlo noi. Ma quando
una di queste persone ha un nome e cognome e bussa alla tua porta, le cose
cambiano ed è difficile far finta di nulla.
Christine, sorella cieca di Amevi, ci racconta la
sua storia. Il testo è stato scritto l'anno scorso, quando era ancora
allieva Kekeli Neva. Sono nata vedente nel Togo nel 1975 in una famiglia
monogama. Mio padre ha una moglie e 9 figli di cui due handicappati, io la
primogenita e il più piccolo, Simon Amevi, handicappato nella
deambulazione. Ho cominciato a stare male agli occhi nel 1986. Nel '90 la
mia malattia si è aggravata e abbandonai gli studi; sono diventata
completamente cieca nel 1995. Nel 1998 sono stata ammessa all'Istituto
Kekeli Neva dove ho fatto un anno di alfabetizzazione che non è stato per
niente facile in quanto non riuscivo a decifrare le lettere Braille. Dopo
due anni di scuola, vista la mia età troppo avanzata e la mancanza di
supporto, sono dovuta passare alla formazione professionale dove ho
appreso a intrecciare le sedie, le stuoie, i sacchi ecc. Ho capito che
tutte le cose concorrono al bene di coloro che amano Dio e che sono
chiamati secondo il destino che Egli decide. All'Istituto la vita è molto
facile, ho conosciuto molti amici ciechi, lavoriamo assieme, discutiamo
ecc. La mia vita è tornata ad essere come al tempo in cui vedevo e, senza
bugie, ho praticamente dimenticato la mia cecità. Sono molto riconoscente
di tutto quello che l'Istituto mi permette di fare e approfitto
dell'occasione per ringraziare le suore, gli insegnanti e in particolare i
nostri benefattori italiani e gli altri che sono in ogni parte del mondo e
che lottano per il nostro sviluppo. Alla fine della mia formazione
desidererei poter occuparmi di una cabina telefonica o di qualunque altra
cosa che aiuti la mia integrazione sociale. Cristina Amegee. Togoville -
ottobre 2002
Ma per Padre Roberto Zordan, e non solo, il 2003 è
stato un anno davvero difficile
È proseguita anche nel 2003, per il terzo anno
consecutivo, la nostra collaborazione con Padre Roberto Zordan,
missionario in Uganda.
L'impegno del nostro gruppo riguarda il finanziamento agli studi di una
ventina di studenti bisognosi, tra cui alcuni orfani a causa dell'AIDS o
della guerra. Gli aiuti sono gestiti con molta attenzione da P. Roberto
che controlla che servano veramente per la loro crescita e che non siano
considerati una specie di vitalizio automatico.
Ecco cosa ci scriveva lo scorso maggio:
"Per questo secondo trimestre ho pensato di dare una svolta ad alcuni
studenti già conosciuti da voi. Infatti trovo utile responsabilizzarli e
non abituarli a dipendere sempre da aiuti esterni. Per questo li ho
incoraggiati a cercare altri modi per finanziare la loro retta scolastica.
Vedo che è importante dare una spinta, un aiuto nei momenti difficili, ma
non è positivo lasciare che si adagino sulle spalle di un altro o, peggio,
considerarli così miserabili che senza un benefattore esterno non
sarebbero mai in grado di badare a loro stessi. C'è una dignità
personale da considerare. Si deve aiutare fin dove è possibile e poi fare
come dice il nostro Fondatore Daniele Comboni: "Salvare l'Africa con
l'Africa". Intanto la situazione al Nord d'Uganda è ancora penosa a
causa della guerriglia che imperversa da 17 anni.
Ma la Presenza di Dio non ci manca mai."
Poche settimane dopo P. Roberto ci scriveva sconvolto per l'uccisione di
due confratelli comboniani proprio in quella zona dell'Uganda.
Ci scrive il giorno di ferragosto:
"Oggi in Karamoja hanno massacrato due Comboniani, Padre Mario
italiano e Fratel Geoffrei ugandese professo da un anno. Che dire? La
missione va avanti con la testimonianza che a volte può richiedere il
dono della vita. Non sempre è spargimento di sangue come la mia dove mi
trovo. Ma certamente per un verso anche la mia esistenza è martirio
quotidiano, una immolazione continua che trova significato solo guardando
alla Risurrezione di Colui Che Accompagna il Missionario lungo le strade,
sentieri e città africane. "
In seguito, purtroppo, P. Roberto si è ammalato e la sua voce è
rimasta muta per alcuni mesi.
Ecco la sua ultima lettera di quest'anno:
"Carissimi del Gruppo San Francesco, dopo mesi di silenzio sono con
voi. Oggi domenica 2 Novembre 2003 sono ritornato in missione che avevo
lasciato per due mesi per la malattia. Ora mi sento bene anche se non sono
ancora perfettamente in forma o guarito del tutto. Ma il Buon Dio farà il
resto, e non mi abbandonerà. Vi ho ricordato durante questo tempo
abbastanza difficile, almeno per me.Salutatemi tutti. Chiedo la vostra
preghiera ciao. Roberto dall'Uganda "
Ciao Padre Roberto, e grazie di tutto. Davvero "grazie". Davvero
"di tutto".
Due casette per famiglie
senzatetto in India
Il Gruppo San Francesco ha finanziato nel 2003 la
costruzione di due piccole abitazioni in India.
La proposta è partita da alcuni nostri soci che desideravano espandere
l'area di azione del Gruppo e discussa e approvata durante l'assemblea
generale del 10 maggio. Abbiamo aderito al progetto "Mille casette
per i senza tetto" di Padre Dino Colussi, missionario salesiano, che
intende in questo modo offrire una speranza di vita decorosa alle famiglie
più povere ed emarginate.
L'obiettivo di Padre Dino è quello di costruire ben 1000 di queste
piccole abitazioni, in modo da offrire una residenza decorosa, ed un nuovo
modello di vita, ad altrettante famiglie di diseredati della periferia di
Nuova Delhi.
Ciascuna abitazione costa 1300 euro e pertanto il Gruppo San Francesco ha
stanziato per questa iniziativa la somma di 2600 euro. "Il progetto
va avanti bene - ci scrive Padre Dino ringraziandoci - e il cantiere è in
piena attività".
Iolanda Mazzali è
socia benemerita del Gruppo San Francesco d'Assisi
"Con ammirazione e grande riconoscenza"
Nel 2003 la nostra instancabile Iolanda ha compiuto novant'anni. La sua
lezione: per vincere i malanni dell'anagrafe, come li chiama lei, serve
prima di tutto un grande cuore.
C'è il rischio di cadere nella retorica parlando di
Iolanda Mazzali, delle sue giornate scandite prima di tutto dai bisogni
degli altri, della sua casa senza riscaldamento piena di cose destinate a
fratelli lontani, della sua voce squillante che mette da subito allegria,
della sua figura minuta piena di forza e determinazione. Ma un po' di
retorica è un rischio che con lei si può correre volentieri. Novant'anni
non sono uno scherzo: ad un occhio Iolanda non vede praticamente nulla e
l'altro dà l'effetto perenne di una giornata di nebbia. Ma con la sua
macchina da cucire continua a confezionare semplici capi, magari solo
bende o lenzuoli, che lei sa dove mandare. Sistematicamente visita tutti
gli ottici di Vicenza per raccogliere gli occhiali usati. Lei sa come
farli avere a chi ne ha bisogno. E c'è sempre qualcuno con un problema
che si rivolge a lei per qualche commissione: la farmacia, la piccola
spesa, l'impegnativa dal medico. Iolanda c'è sempre. Da un po' di anni
non si fida più ad usare l'autobus: non riesce a vedere il numero della
corsa e, soprattutto, è diventato per lei un ostacolo insormontabile
salire sul predellino, troppo alto e troppo sfocato. E quindi va a piedi
dove deve andare, ovunque debba andare. L'hanno vista in un quartiere di
periferia, dall'altro capo della città "Non sarà mica andata fin
lì a piedi, signora Iolanda?" "E come, allora?". Dieci
anni fa, alla bella età di ottant'anni, lei che ha dovuto sostituire fin
da bambina la scuola con la filanda, ha cominciato a scrivere poesie e
racconti. È già arrivata a sette libri, tutti pieni di vita, stupore e
serenità. Stile Iolanda, naturalmente. Per il Gruppo San Francesco è una
risorsa incredibile: da molti anni ogni mese fa il suo consistente
versamento in posta per i bambini ciechi del Togo. In parte sono offerte
di altri benefattori che ella raccoglie grazie al suo impegno e alla sua
dedizione, ma consistente è il suo contributo personale. Lei dice che
arrotonda… Cosa si può arrotondare oggi vivendo da sola con una
pensione minima? Solo Iolanda lo sa.
L'ultima stela
Vardo l'ultima stela
che sluse ancora
quando scomissia el ciaro:
forse, quela stela la xe
stuà da tanto tempo.
Penso, se
anca mi stuandome possa
lassar un lumicin picinin
par essar ricordà.
La vanità
de la me fantasia
me fa soridar, ma intanto
vardo la stela
ancora un minuto,
po' la speto doman
e n'altro giorno ancora
par saludarla a l'aurora!
Iolanda Mazzali
Guardo l'ultima stella che brilla ancora quando
comincia a far chiaro: forse quella stella è spenta da tanto tempo.
Penso, se anch'io spegnendomi potessi lasciare un piccolo lumicino per
essere ricordata.
La vanità della mia fantasia mi fa sorridere ma intanto guardo la stella
ancora un minuto, poi l'aspetto domani e un altro giorno ancora per
salutarla all'aurora.
da:La mia compagnia (1993)
È partito da
Villaga un intero container di aiuti per il Togo
Il gruppo sostiene l'opera preziosa di Padre
Giovanni a favore dei bambini di un poverissimo villaggio dell'interno.
Hanno iniziato raccogliendo alcuni scatoloni di
materiale da spedire in Togo, l'anno scorso hanno riempito un camioncino,
quest'anno un container intero di aiuti di tutti i tipi.
Così crescono la generosità e l'impegno dei nostri amici del gruppo di
Villaga (a pochi chilometri da Barbarano) con i quali da un po' di tempo
abbiamo iniziato un'attiva collaborazione a favore del Togo.
Padre Giovanni Edoh è un giovane sacerdote togolese che ha studiato
teologia in Italia. Durante gli studi ha frequentato, in occasione delle
celebrazioni domenicali, diverse parrocchie italiane tra cui anche quella
di Villaga.
Ora è tornato in Togo, a Atakpamé, dove lavora con entusiasmo, pur tra
mille difficoltà, per migliorare le condizioni di vita della sua gente.
Padre Giovanni ha concentrato la sua attenzione su una zona dell'interno
particolarmente povera e degradata; in pochi anni ha costruito dal nulla
una scuola, una chiesa e alcune cappelle, attorno alle quali sta sorgendo
un villaggio decoroso con pozzi per l'acqua e un minimo di supporto
sanitario.
La comunità di Villaga ha mantenuto i contatti con lui e ora risponde con
generosità alle sue richieste di aiuto. Sono già 14 le adozioni a
distanza attivate nella zona a favore di altrettanti bambini
particolarmente bisognosi, segnalati da Padre Giovanni.
Si è costituito un gruppo, spontaneo ma molto efficiente, che organizza
la raccolta e la spedizione di aiuti di vario tipo, soprattutto vestiario,
scampoli di tessuto, materiale didattico, utensili di lavoro, biciclette e
motocicli. Per queste spedizioni è stata chiesta tempo fa la
collaborazione del Gruppo San Francesco che negli ultimi anni ben
volentieri ha ospitato anche questa merce nei propri container.
Quest'anno, come si diceva all'inizio, il gruppo di Villaga ha riempito da
solo un intero container. È stato caricato durante le feste natalizie e
partirà da Vicenza ai primi giorni del 2004: ci sono 26 biciclette, 5
carrozzine per disabili, 4 macchine da cucire, 450 Kg di pasta alimentare,
12 rotoli di stoffa, 260 scatoloni di materiale didattico, vestiario,
medicine e altro.
C'è anche un generatore: l'energia elettrica non arriva al nuovo
villaggio ma con questo apparecchio sarà possibile utilizzare, almeno in
certi momenti particolari, alcuni importanti strumenti elettrici.
Il gruppo di Villaga opera in piena sintonia con il Gruppo San Francesco.
Analogo è lo spirito di queste iniziative di solidarietà, basate su
contatti diretti con persone di stretta fiducia che operano sul posto e
offrono tutte le garanzie che gli aiuti inviati, sia in denaro che in
natura, siano davvero utili e raggiungano le persone che ne hanno più
bisogno.
Per ulteriori informazioni sulle attività del gruppo di Villaga ci si
può rivolgere a Carlo e Agnese Ramanzin, via Quargente n. 13 36020
Villaga (VI) telefono 0444 888296.
Facciamoli ancora conoscere, ne vale davvero la
pena
Delle poesie di Urbana abbiamo parlato varie volte,
anche se non è necessario farlo con chi le conosce. I ricordi da lei
espressi nei suoi poemi sono rimasti vividi nelle memoria delle persone
che la conoscevano e che ritrovano la ricchezza di dettagli sua propria,
dettagli percepiti con i sensi che Urbana aveva a disposizione e che le
persone in generale non sono abituate a sfruttare appieno anche perché
"distratti" da condizionamenti prodotti dalla nostra attuale
società che, passando prepotentemente attraverso i canali visivi,
rischiano di inquinare il nostro intimo sentire a discapito della
capacità di ascoltare noi stessi.
Questa interiorizzazione delle esperienze, questo ricco dialogo con se
stessa sin da bambina, la consapevolezza del sacro nella creazione e del
Divino, l'hanno probabilmente preparata a quello che è stato un ruolo
fondamentale nella sua famiglia, fra i suoi amici e poi nell'esperienza di
missionaria: l'ascolto degli altri, la comprensione per le inquietudini
altrui, la solidarietà umana.
Urbana utilizzava le raccolte delle sue poesie come mezzo di comunicazione
del suo sentire più intimo ma anche e soprattutto per far conoscere il
suo impegno per il Kekeli Neva al fine di sensibilizzare e coinvolgere
persone nuove. Molte di queste fanno tutt'ora parte di coloro che
sostengono il Gruppo San Francesco e che rendono possibile l'esistenza
dell'Istituto per ciechi di Togoville.
Noi del Gruppo vorremmo sensibilizzare i soci e i sostenitori affinché
sulle tracce dell'esempio di Urbana, ci si impegni a diffondere la
conoscenza del lavoro che assieme stiamo facendo per Kekeli Neva e, a
questo proposito quale migliore mezzo dei libri di poesie?
Quanti di noi sono venuti a conoscenza della sua missione attraverso un
libro che Urbana ci donava? Spesso non chiedeva contributi, ma certo
sperava che il dono desse i suoi frutti e possiamo certo dire che li abbia
dati. Vorremmo insomma invitare tutti a richiederci i libri di poesie e
della vita di Urbana che ancora ci rimangono senza impegno economico, ma
con l'impegno di utilizzarli per venderli se possibile, per farne un dono
a chi potrebbe sensibilizzarsi alla causa di Kekeli Neva o per divulgarli
in qualche scuola al fine di far conoscere a più persone il nostro lavoro.
La nostra convinzione è che queste testimonianze devono circolare, se
porteranno poi anche dell'aiuto da persone nuove tanto meglio.
Preghiamo quindi chi ritenga di poterci dare una mano in questo senso a
prendere contatto con la famiglia Carezzoli (0444 896571) o con altre
persone del Gruppo a voi più comode. Stefania Pedersini
I libri di poesie
Tra il 1990 e il 2000 Urbana Carezzoli ha dato alle stampe otto libri di
poesie: · Il mio canto (1990) Le sparpagliate carte (1991) · Frammenti
di favole vere (1993) · Nei giardini dell'arcobaleno (1995 ) · Fiori di
mandorlo e coccinelle (1996 ) · Prima che il tempo (1996 ) · Illusioni
dolcissime, inquiete sensazioni (1998) · Per non smarrire (2000)
La sua vita
Il libro "Acqua Marina" è stato pubblicato nel 2001, in
occasione nel primo anniversario della scomparsa di Urbana, dal Gruppo San
Francesco d'Assisi. Contiene la trascrizione di una serie di conversazioni
autobiografiche registrate durante una trasmissione radiofonica.
Come averli
Tutti i libri sono disponibili presso la sede del Gruppo (Famiglia
Carezzoli) a Barbarano. Solo "Prima che il tempo" è esaurito.
È interamente affidato ai bambini quest'anno il
tradizionale concerto di Santo Stefano a Barbarano. Una vivacissima serata
di festa e bella musica con un rinnovato pensiero ai nostri amici del
Togo.
"Se non ritornerete come bambini non entrerete
mai", così dice il testo di una canzone che parafrasa un famoso
episodio evangelico. Ascoltando i cori di bambini, riuniti nella chiesa di
Barbarano la sera del 26 dicembre, veniva spontaneo pensare a questa frase;
la semplicità, la gioiosa freschezza e la vivacità del canto sembrava
portarci tutti in un mondo dove si parla la lingua dei "piccoli",
cioè la lingua del cuore, come nel centro Kekelineva al quale il concerto
era dedicato. Non a caso i nomi dei tre cori si assomigliano: "Piccole
voci" di Ponte di Mossano, "Voci dal cuore" di Sossano,
"Piccoli cantori" di Barbarano.
Nella chiesa gremita e luminosa, i bambini di Ponte di Mossano diretti da
Graziano Cazzaro, ci hanno proposto canti provenienti da diverse parti del
mondo, in particolare dall'Argentina con "Los reyes magos" e
dalla Spagna con "A la nanita nana".
Applausi scroscianti anche per il numerosissimo coro di Sossano (più di
cinquanta bambini) diretto da Margherita Acerbi, dalle voci belle ed
educate che ci ha proposto canti natalizi con temi di attualità, come
l'emarginazione e l'emigrazione. "Aria di neve" è stato il bel
brano con cui si è presentato il coro "Piccoli cantori" di
Barbarano diretto da Paola Nardon (con la collaborazione di Gianluca
Bottazzi): i bambini si sono presentati per la prima volta con la loro
nuovissima divisa, una maglietta giallo - fiammante su cui è scritto
"...perchè cantare insieme è più bello!".
Il momento più intenso ed emozionante della serata è stato quando, alla
fine, i tre cori si sono riuniti formando un coro multicolore di quasi
centotrenta bambini che cantavano, anche insieme al pubblico, "Bianco
Natale" e "Tu scendi dalle stelle".
C'era qualcosa di più di un semplice "cantare insieme" in quel
grande coro di bambini: sembrava realizzarsi, per un momento, il sogno di
Urbana, cioè un mondo dove tutta la gente può vivere in pace aiutandosi
serenamente e generosamente.
Un sogno che torna a rivivere ogni volta che questi cori si riuniscono per
aiutare il nostro centro Kekelineva; quest'anno è già la terza volta,
dopo i due appuntamenti a maggio con la rassegna "Cori nostri" a
Barbarano e "Piccoli cori nostri" a Sossano.
Le offerte raccolte in questa serata forse sono una goccia nel mare delle
necessità del Togo e delle altre iniziative che il centro San Francesco
sostiene, tuttavia è proprio questa goccia che, insieme a tante altre,
dona l'acqua per la sete di speranza del mondo.
Antonio Zeffiro
Da oltre dieci anni corre un filo di simpatia e
collaborazione tra il gruppo San Francesco e i cori della nostra zona che,
periodicamente, cantano per diffondere e sostenere le nostre iniziative a
favore di Kekeli Neva e dell'Africa.
L'idea è partita da Urbana che, innamorata del canto e della musica,
ha suggerito al coro "Amici della musica" di Barbarano di
proporre una serata natalizia di musica corale per raccogliere fondi e far
conoscere i bimbi ciechi di Togoville. Visto il successo dell'iniziativa,
ogni anno, sia pure in veste diversa, sono stati proposti altri concerti
nei paesi della nostra zona, in particolare Barbarano, Orgiano e Sossano.
Gli appuntamenti divenuti ormai una consuetudine sono tre: il coro
natalizio di Barbarano organizzato dal Comune, la rassegna "Cori
nostri" che si tiene l'ultimo sabato di maggio nella chiesa di
Barbarano, alla quale hanno partecipato quest'anno ben sei cori
parrocchiali locali (Ponte di Barbarano, Ponte di Mossano, Nanto,
Villaganzerla, Barbarano, Poiana), la rassegna "Piccoli cori nostri"
che si tiene nella terza settimana di maggio a Sossano e che ha come
protagonisti, per ora, i piccoli cantori di Sossano, Barbarano e Ponte di
Mossano.
Chi desidera organizzare concerti corali di beneficenza per
Togoville nel proprio paese può contattare Antonio Zeffiro (tel. 0444
886514) del coro Amici della Musica.
Chi siamo
Il Gruppo San Francesco di Assisi è un'associazione di volontariato,
fondata da Urbana Carezzoli, che dal 1992 raccoglie fondi e materiali per
la scuola per ragazzi ciechi "Institut des Aveugles de
Togoville" nel Togo e per altre iniziative umanitarie di questa
regione africana, soprattutto a favore dei ciechi e di altri disabili. Si
finanzia soprattutto attraverso la libera contribuzione dei soci e dei
sostenitori.
La scuola per i ciechi di Togoville L'istituto per Ciechi di Togoville è
sorto nel 1984 su iniziativa dei Padri Comboniani, in particolare di p.
Fabio Gilli che, dopo aver perso la vista, ha voluto tornare nei luoghi
dove prima operava.
La scuola è affidata alle suore togolesi della congregazione di Notre
Dame de l'Eglise, ed è interamente gestita da operatori locali. In pochi
anni gli alunni sono passati da una ventina a circa novanta. Dopo la
scuola di base i ragazzi possono frequentare una scuola superiore esterna
oppure seguire dei corsi di tipo professionale.
La scuola non riceve contributi pubblici e solo una minima parte delle
famiglie può versare una retta per la frequenza.
Accanto alla scuola l'istituto ha realizzato numerose iniziative di
promozione sociale ed economica grazie alle quali attualmente sono decine
i ciechi adulti che vivono decorosamente del loro lavoro.
Quello che abbiamo fatto nel 2003
Abbiamo inviato alla scuola la somma di 23.300 euro onorando anche
quest'anno l'impegno che il nostro gruppo ha assunto fin dall'anno 1992.
Inoltre abbiamo messo a disposizione di Padre Fabio Gilli 7.700 euro per
gli studenti universitari ciechi di Lomé, per altri adulti non vedenti in
difficoltà e in generale per le esigenze della missione.
Abbiamo finanziato con 1.600 euro alcuni piccoli progetti destinati a
rendere autonomi nel lavoro degli adulti non vedenti in Togo.
Abbiamo sostenuto le spese scolastiche di una quindicina di studenti
orfani di Kampala (Uganda) versando a Padre Roberto Zordan 3.000 euro.
Abbiamo finanziato la costruzione di due unità abitative nel villaggio
che P. Dino Colussi sta costruendo vicino a Nuova Delhi, in India.
Abbiamo spedito in Togo un container carico di aiuti umanitari di vario
tipo.
Come si finanzia la nostra associazione
Il Gruppo San Francesco d'Assisi è sostenuto innanzitutto dai propri soci
e dai sostenitori, in particolare da coloro che si sono impegnati a
versare a scadenze regolari la quota da loro stessi definita.
Soci e sostenitori assicurano circa il 72% degli introiti
dell'associazione. Il resto deriva dalla lotteria e dalle offerte raccolte
durante i concerti di beneficenza.
Gruppo San Francesco d'Assisi Associazione di
solidarietà ONLUS Via Salvi, 13 - 36021 Barbarano Vic. (Vicenza)
Tel. e fax 0444 / 638033
info@grupposanfrancesco.org
www.grupposanfrancesco.org
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C.C. Postale n. 18 88 33 55 intestato a "Gruppo S. Francesco d'Assisi"
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C.C. Bancario n 18 88 33 55 Bancoposta Agenzia di Vicenza Coordinate
bancarie: ABI 7601 CAB 11800 Conto 18 88 33 55
Il Gruppo S. Francesco d'Assisi è iscritto al registro ONLUS della
Direzione Reg.le delle Entrate del Veneto.
Le offerte versate in posta o banca possono essere detratte dalla denuncia
dei redditi.
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