Per i ciechi del Togo

 

Bollettino del Gruppo San Francesco d'Assisi di Barbarano Mossano

 

www.grupposanfrancesco.org

 

Aprile 2024

 

 

Sommario

 

1 È il momento di fare qualcosa per chi vede poco e male - di Flavio Fogarolo

 

2 Non solo i ciechi: nelle classi ci sono tanti bambini ipovedenti

 

3 Dopo due giorni è tornata a scuola con gli occhiali

 

4 «Piangendo mi ha detto che ha un fratellino cieco a casa, ma nessuno fa niente per lui» - Di Moïse Tchapo

 

5 Cosa si può fare per i bambini con autismo? - Di Flavio Fogarolo

 

6 Monique è pronta a tornare al suo liceo - Di Flavio Fogarolo

 

7 Ultimato l'edificio che accoglierà i pazienti che vengono da lontano per operazioni e visite all'ambulatorio oculistico

 

 

 

Articolo numero 1

 

Abbiamo incontrato tanta sofferenza per problemi alla vista anche tra i bambini delle scuole comuni

 

È il momento di fare qualcosa per chi vede poco e male

 

Questo numero del nostro notiziario "Per i ciechi del Togo" è dedicato in gran parte ai bambini ipovedenti che  frequentano le scuole comuni, assieme ai compagni, non gli istituti dei ciechi.

L'immagine di copertina, qui sopra, è dedicata alla piccola Rosaline, di cui raccontiamo meglio la storia nella pagina seguente: la ritrae mentre scrive tenendo gli occhi a pochi centimetri dal quaderno, copiando una parola da una lavagnetta su cui il maestro ha scritto in grande per lei.

Quella di Rosaline è, per fortuna, una storia a lieto fine. Siamo intervenuti subito e il giorno dopo è stata visitata nel nostro ambulatorio oculistico: è bastato un paio di occhiali per cambiarle la vita. Ma non è sempre così, purtroppo.

Nei mesi scorsi abbiamo pensato di aiutare i bambini ipovedenti fornendo loro del materiale didattico ingrandito. Abbiamo cominciato realizzando e stam­pando, in un migliaio di copie, una carta geografica del Togo accessibile anche a loro. È arrivata a fine marzo e il nostro referente in loco Moïse ha cominciato a portarla nelle scuole ottenendo un'accoglienza entusiastica da parte di tutti, a partire dagli insegnanti che di carte geografiche del loro paese non ne avevano proprio, né grandi né piccole, e le hanno sempre disegnate alla lavagna, come hanno potuto, con i gessetti. Ma, entrando nelle scuole per parlare dei problemi di chi vede poco e male, si è spalancato un mondo: dopo neppure una settimana, e la visita per adesso a sole tre scuole della capitale Lomé, le situazioni difficili segnalate sono già mezza dozzina. Alcuni sono bambini che soffrono seriamente e a scuola imparano poco o niente non solo perché non vedono bene ma perché hanno mal di testa, occhi irritati… Molti  non sono mai stati visti da un oculista perché i genitori non lo possono pagare.

Pensavamo, con le carte geografiche, di risolvere un problema ma ne abbiamo incontrato un altro, assai più grave. In Africa, dicono, succede spesso, e non bisogna arrendersi.

Noi, ovviamente, non abbiamo nessuna intenzione di arrenderci e, se continuate a darci una mano, di sicuro riusciremo a dare una risposta a questi bambini. Anche perché i nostri sono tutti interventi mirati e, seppur con risorse contenute, abbiamo visto che possiamo fare tante cose.

Flavio Fogarolo

 

Articolo numero 2

 

Non solo i ciechi: nelle classi ci sono tanti bambini che vedono poco o male

 

Abbiamo realizzato delle carte geografiche del Togo ingrandite per gli alunni ipovedenti delle scuole comuni. Accoglienza entusiasta da parte di tutti, ma esigenze nuove che emergono: in tanti casi  basterebbe un paio di occhiali ma i bambini non sono mai stati visitati da un oculista

 

Negli anni scorsi abbiamo realizzato parecchie carte geografiche a rilievo e con testi in braille per i bambini ciechi del Togo ma recentemente abbiamo incontrato anche tanti ipovedenti, albini ma non solo, e abbiamo visto che anche per loro non c'era nulla. Così, adattando i file delle carte geografiche per i ciechi e scrivendo le didascalie a grandi caratteri, anziché in braille, abbiamo prodotto due carte a colori del Togo in formato A3, ad alta leggibilità, una amministrativa, con le regioni e le città sedi delle prefettura, l'altra fisica, con fiumi monti e laghi.

Facendole stampare on line non si spende molto e così le abbiamo duplicate anche per i compagni di classe, non solo per i bambini ipovedenti, anche perché abbiamo scoperto che in Togo le carte geografiche non le ha nessuno, né murali né sui libri o atlanti, e i maestri quando serve le disegnano alla lavagna con i gessetti colorati.

Appena giunte a destinazione il nostro rappresentante in Togo, Moïse Tchapo, ha cominciato a distribuirle in alcune scuole e sono emersi tanti altri problemi. In una scuola c'erano quattro bambini ipovedenti ma, solo due erano stati visitati da un oculista. Gli altri hanno spesso mal di testa e piangono, anche a scuola, per il dolore ma nessun medico li ha mai visti, non si sa neppure se con un paio d'occhiali potrebbero vedere meglio, e magari anche avere meno mal di testa.

C'è un bambino ipovedente che ha grossi problemi in classe perché non vede. Lui gli occhiali ce li ha ma con una lente scheggiata, rotta due anni fa, ma la famiglia non ha i soldi per cambiarla e lui, che già vede poco e male, va avanti da allora in questo modo.

Adesso un modo per far visitare questi bambini lo troviamo di sicuro. E la lente rotta sarà presto sostituita.

 

Nelle foto:

1) La carta del Togo fisica a rilievo e in braille per i ciechi e a fianco la versione ingrandita per gli ipovedenti. Entrambe sono alte circa 40 cm.

2) Due classi hanno appena ricevuto le carte geografiche. Interessante notare sullo sfondo le grandi lavagne dove gli insegnanti disegnano di tutto, anche la carta del Togo.

3) Foto di Roy, il ragazzino ipovedente che da due anni ha gli occhiali rotti.

 

Articolo numero 3

 

Almeno per la piccola Rosaline tutto è stato facile e veloce

 

Dopo due giorni è tornata a scuola con gli occhiali

 

In dicembre ci è stata segnalata questa bambina con problemi di vista che frequenta  la primaria in un villaggio del Togo settentrionale. Non è raro trovare classi molto numerose, con 40/50 alunni, ma qui hanno dovuto unirne due perché non ci sono soldi per pagare gli insegnanti e hanno messo assieme 85 bambini, metà di terza e metà di quarta.

 

Nella foto: l'aula gremita di bambini con Rosaline in primo piano

 

Tra loro c'era Rosaline che vede molto poco e scriveva tenendo gli occhi a pochi centimetri dal quaderno, come si vede nella foto in copertina. Non era mai stata visitata da un oculista.

L'insegnante usa questa enorme lavagna: in fondo la parte per i bambini di quarta, a destra per quelli di terza e in centro le parole ingrandite per Rosaline.

 

Nella foto: il maestro con la sua enorme lavagna

 

Questo villaggio è abbastanza vicino al nostro ambulatorio di Bassar e il giorno dopo abbiamo accolto la bambina con la mamma. È stata visitata e l'indomani è tornata a scuola con gli occhiali. Grazie alle lenti, il suo visus è passato da 1/10 a 7/10; dei problemi rimangono, ma la sua vita ora è veramente cambiata.

 

Nella foto: la stessa aula gremita di bambini. Rosaline adesso ha gli occhiali e legge un libro tenedo gli occhi a corretta distanza

 

Articolo numero 4

 

La testimonianza di Moïse Tchapo, il nostro rappresentante in Togo

 

«Piangendo mi ha detto che ha un fratellino cieco a casa, ma nessuno fa niente per lui»

 

Visitando le scuole per consegnare ai bambini ipovedenti le nostre nuove carte geografiche, emergono bisogni inaspettati

 

Ho appena cominciato a girare per le scuole primarie del mio paese per parlare ai bambini dei bisogni dei loro compagni che vedono poco e  ho già incontrato tante situazioni difficili. Nella seconda scuola visitata mi si è avvicinato un ragazzino che, piangendo, mi ha detto che aveva un fratellino che non vedeva nulla ma era sempre in casa e non andava a scuola.

Pochi giorni dopo sono andato a  conoscerlo. Si chiama Israël e ha 9 anni; vive con altri 4 fratelli in un famiglia molto povera.

I suoi problemi di salute sono cominciati quando aveva 4 anni, con dolori alla testa. Poi è comparsa la tigna, sempre in testa, gli si è gonfiata la lingua e non riusciva più a mangiare e bere. L'hanno portato all’ospedale e lì sono cominciati i problemi agli occhi e dopo qualche mese ha perso la vista ad uno dei due. Ha ripreso la scuola ma vedeva sempre meno ed era molto in difficoltà. Racconta anche che i compagni hanno cominciato a prenderlo in giro perché era cieco e così non ha più voluto andare a scuola e si è chiuso in casa. Sono 4 anni che non esce e non incontra nessuno. È un bambino veramente molto triste, che sembra abbia perso completamente la voglia di vivere.

Ha gli occhi irritati, che gli fanno tanto male, ma i genitori non possono pagare le cure mediche ed è da quando è stato all'ospedale, 5 anni fa, che nessun medico l’ha più visitato.

La famiglia è stata molto contenta della mia visita e spera proprio che possiamo fare qualcosa per Israël.

Moïse Tchapo

 

Nella prima foto Moïse con Israël.

Nell'altra, la famiglia di Israël. Il ragazzino a sinistra, affacciato alla balaustra, è il fratello più grande che ha contattato Moïse a scuola. Al centro Israël. A destra la mamma con i due bambini più piccoli.

 

 

Articolo numero 5

 

Cosa si può fare per i bambini con autismo?

 

Se chiedono aiuto, ci siamo. Non è facile intervenire ma, considerato che per loro in Togo non c'è praticamente nulla, almeno ci proviamo

 

Si è rivolta a noi la famiglia di un bambino di quattro anni che non parla, non interagisce con nessuno, mangia solo pezzi di pane rimanendo in piedi, non si tiene ancora pulito, vaga tutto il giorno per il cortile della casa, sempre in movimento, finché alla sera si butta per terra dov'è, si addormenta di colpo e lo portano a letto di peso.

Ci hanno chiesto: «Voi che aiutate i bambini ciechi, potete fare qualcosa anche per lui?»

Non è stato visitato da nessuno specialista ma il quadro, confermato anche da alcuni video, era chiaramente riconducibile all'autismo anche se andava ovviamente approfondito per capire quali funzioni risultavano compromesse e, soprattutto, come si poteva intervenire.

Anche in Togo, ovviamente, ci sono bambini con autismo: molto meno che da noi, ma non si sa se è un dato reale o semplicemente non vengono riconosciuti anche perché i servizi di diagnosi e cura sono praticamente inesistenti.

Sono in contatto, attraverso un gruppo Facebook molto frequentato, con tantissimi insegnanti di sostegno di tutta Italia, alcuni veramente esperti in autismo e ho chieste se qualcuno, che conosce bene il francese, fosse disposto a dare un supporto a distanza alla famiglia.

Sappiamo che, ovviamente, il rapporto didattico diretto funziona molto meglio, tuttavia l’esperienza del Covid ci ha insegnato che qualcosa si può fare anche a distanza e, in ogni caso, è sicuramente meglio del nulla.

Ho lanciato un appello e hanno risposto in una dozzina!

Per prima cosa abbiamo fatto visitare il bambino presso l'unico centro specializzato su problemi simili, anche se non proprio sull'autismo, che opera in tutta la città di Lomé (parliamo di quasi tre milioni di abitanti!). Tutto a pagamento e la famiglia non ha assolutamente i mezzi per sostenere la spesa. Per fortuna è arrivata una donazione specifica e siamo riusciti a partire senza attingere ai fondi per i ciechi, che sono già in sofferenza.

Adesso stiamo cercando una persona che faccia da tramite con il bambino perché abbiamo visto che i familiari da soli sarebbero in difficoltà.

Speriamo davvero di poter fare qualcosa di utile per questo bambino e per la sua famiglia. Che non fosse semplice lo sapevamo, ma abbiamo visto che non è un'impresa impossibile. E, comunque, la sola alternativa sarebbe l'abbandono.

F.F.

 

 

Articolo numero 6

 

Aveva abbandonato gli studi qualche anno fa, quando era diventata cieca, ma dopo un periodo di sconforto ha voluto ripartire. Le abbiamo procurato un insegnante e ora legge il braille alla stessa velocità con cui prima leggeva i libri stampati.

 

Monique è pronta a tornare al suo liceo

 

Avevo incontrato Monique nel mio viaggio in Togo dello scorso ottobre e mi aveva colpito la sua storia: era una brillante studentessa del liceo che quando ha perso la vista si è vista crollare il mondo addosso e si è chiusa in casa, rifiutando ogni contatto. Dopo alcuni anni si è convinta a ripartire ed è entrata nella piccola, e poverissima, scuola per ciechi di Dapaong, la sua città, che non aveva però insegnanti per lei e l'hanno messa con i bambini di prima elementare, ma di fatto non imparava nulla.

Siamo intervenuti pagando un insegnante cieco, il signor Bonadi Kossi che aveva fatto anche studi universitari ma era rimasto disoccupato, affinché la preparasse seriamente, rendendola autonoma nelle lettura e scrittura, per il ritorno al liceo.

Sei mesi dopo i risultati sono sorprendenti: si sente pronta per il liceo e non vede l'ora di tornare alla scuola che ha lasciato alcuni anni fa. Il signor Kossi è orgoglioso e soddisfatto dei sui progressi. Dice che all'inizio era preoccupato perché le due mani erano rigide e faceva fatica ad adattarsi agli strumenti del braille. Grazie al suo impegno e alla determinazione questi problemi sono ora superati e le sue dita navigano nei testi anche meglio, dice lei, di quando ci vedeva. Di sicuro Monique potrà frequentare positivamente l’istruzione inclusiva, assieme ai compagni vedenti, il prossimo anno scolastico.

Monique e il suo insegnante ringraziano il Gruppo San Francesco che ha reso possibile tutto questo.

F.F.

 

Nella foto: Monique e il suo insegnante di braille Bonadi Kossi

 

 

Articolo numero 7

 

Ultimato l'edificio che accoglierà i pazienti che vengono da lontano per operazioni e visite all'ambulatorio oculistico

 

Ne avevamo parlato nel nostro notiziario Per i ciechi del Togo dello scorso settembre: «Mai più pazienti che dormono all'aperto!».

Aperto quattro anni fa, il nostro centro oculistico è l'unico, in una zona molto ampia del Togo, che accoglie e cura gli occhi di tutti, anche di chi non può pagare, così i pazienti arrivano da lontano e devono rimanere lì anche la notte, soprattutto dopo le operazioni. Finora si coricavano come potevano, sotto a un portico o agli alberi. Nessuno si è mai lamentato, anzi! La gioia di tornare a vedere il giorno dopo, togliendo la benda, faceva dimenticare tutto, ma il problema andava risolto.

L'anno scorso una mamma italiana ha voluto ricordare il figlio tragicamente scomparso finanziando la costruzione di un piccolo edificio che potesse accoglierli decorosamente e sei mesi dopo i lavori sono conclusi. Manca solo un po' di arredo, ma speriamo arrivi presto anche quello.

 

Nelle foto, immagine del nuovo edificio: due stanze, un atrio e due piccoli servizi igienici.

A destra la targa ricordo che dice:

Per non dimenticare l'animo dolce e generoso di Giogio Medaglia che troppo presto ci ha lasciati, nell'anno 2024 sua mamma Ombretta ha donato questo edificio al centro DIFIIDI di Bassar per offrire ospitalità a coloro che arriveranno qui in cerca di salute e speranza. Che Dio vi benedica!

 

 

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